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Il 30 gennaio del 9 a. C. si inaugurava nella Roma augustea, il monumento forse più significativo e importante della nuova era del principato: l’Ara Pacis, scopriamo insieme i riti che si svolgevano al suo interno.
L’Ara Pacis, quello che oggi riteniamo uno dei monumenti più importanti sia per lo stato di conservazione sia per il suo significato simbolico e la sua importanza storica, anticamente non era posizionato dov’è oggi. Infatti i resti archeologici di questo monumento, che iniziarono ad affiorare già nella seconda metà del 1500, vennero alla luce nei pressi di Palazzo Fiano, situato tra Montecitorio e via del Corso. Anticamente quella zona si trovava a un miglio esatto dal pomerium il limite sacro della città per gli antichi romani, all’interno non era concesso portare con sé alcun arma, nemmeno all’imperatore. Era situata con un ingresso posto su via Flaminia e l’altro che affacciava sul Campo Marzio e nel corso del tempo, data l’antica vicinanza al Tevere, venne sommerso dalle inondazioni del biondo fiume. Il motivo di questa costruzione era di celebrare la pace riportata in tutto l’impero dal primo princeps romano, Ottaviano Augusto, che proprio in quegli anni tornava vincitore dalle province della Gallia e della Spagna, da sempre le più riottose e difficili da sottomettere.
«Quando tornai a Roma dalla Spagna e dalla Gallia […] compiute felicemente le imprese in quelle provincie, il Senato decretò che per il mio ritorno si dovesse consacrare l’ara della Pace Augusta presso il Campo Marzio e dispose che in essa i magistrati, i sacerdoti e le vergini vestali celebrassero un sacrificio annuale.»
Res Gestae Divi Augusto
«Si vis pacem, para bellum», se vuoi la pace, prepara la guerra, questo era l’assunto della pace romana, sempre disponibili al compromesso – ai loro patti –, ma sempre pronti anche a impugnare le armi, quando necessario. Così, dopo che il senato nel 13 a. C. diede mandato di costruire l’altare, il 30 gennaio del 9 a. C. il monumento eretto in onore di Augusto fu inaugurato, non in una data a caso, ma nel giorno del compleanno della divina Livia, moglie dell’imperatore. Il fregio che corre tutto intorno all’edificio che contiene il vero e proprio altare, è molto importante perché in esso è raffigurata la processione che ogni anno, al 30 di gennaio veniva svolta per celebrare la Pace Romana. La processione in realtà non era una, nemmeno erano due, ma addirittura tre, pe’ nun fase manca’ niente! Una partiva dalla casa delle Vestali, sacerdotesse consacrate alla dea Vesta, una dal Collegio dei Pontefici e un’altra proveniva dal Collegio degli Augustali, sacerdoti consacrati al culto del Divo Augusto – quest’ultima istituzione religiosa, fu istituita solamente alla morte di Ottaviano. Ad attendere questi tre cortei nella sua reggia, era il Pontefice Massimo, nientepopomenoche l’imperatore in persona. Da qui riunitisi tutti quanti insieme si dirigevano verso l’Altare della Pace per celebrare un particolare tipo di sacrificio.
No tranquilli nun è ‘na parolaccia, è solo che ai latini piaceva unì le parole! Infatti questo termine, al limite del pronunciabile non è altro che l’unione di sus, ovis e taurus ovvero maiale, pecora e toro, i tre animali che proprio in quel giorno venivano sacrificati. Una volta uccisi venivano portati nei sotterranei dell’altare, cucinati e poi distribuiti alla popolazione che era arrivata a partecipare al rito. Insieme al cibo, durante questa festa, lo Stato era solito offrire anche del denaro e soprattutto del vino, che in queste occasioni nun guastava mai e nonostante le numerose botti messe a disposizione nun bastava mai. Come abbiamo detto anche in un altro articolo, di solito i romani erano soliti festeggiare anche attraverso dei Ludi, dei giochi fisici, ma sarà perché si avvicinavano i giorni della merla, sarà perché erano si erano appena compiuti i Ludi Palatini, in questa occasione se magnava e beveva solamente!
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