“Narciso, la fotografia allo specchio”, una mostra che riflette sul concetto del doppio
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La statua in suo onore è posizionata lungo la passeggiata del Gianicolo, simbolo del Risorgimento romano. Perché il personaggio di Ciceruacchio fu tanto caro a Roma?
Di personaggi coraggiosi, impavidi e senza paura Roma ne ha visti passare un bel po’, forse retaggi di quella storia millenaria che l’ha sempre contraddistinta – e continua a farlo – agli occhi del mondo. Ciceruacchio fu uno di quelli, perché?
Roma 1800, nella casa di un povero maniscalco, nel rione Campo Marzio, viene alla luce Angelo Brunetti. Carrettiere del porto di Ripetta, il giovane si guadagna da vivere prima trasportando vino dai Castelli romani alla città, poi gestendo una piccola osteria nei pressi di Porta del Popolo.
(Fonte: Wikipedia)
Scaltro, socievole e dotato di un’innata capacità dialettica, mai coltivata con l’istruzione, sebbene arguta e brillante, il giovanotto diviene presto una figura di riferimento per i romani, facendosi portavoce informale del malcontento generale. Nelle vesti di un moderno Pasquino, persino al papa non fa sconti e i romani lo sanno, perché già durante il Colera ha dimostrato il suo valore, conquistandosi il ben volere dei concittadini. Così, soprannominato Ciceruacchio, da ciruacchiotto cioè “grassottello”, da tempo quest’uomo ha accolto il suo ruolo, riportando per filo e per segno a chi di dovere le richieste, i pensieri e le ansie del popolo.
Nel frattempo, al Vaticano, gli affari di Roma passano in mano a papa Pio IX e Ciceruacchio appoggia la nascente causa pontificia, soprattutto per le numerose riforme annunciate. Nel suo entusiasmo riecheggia l’entusiasmo del popolo, diventando egli stesso uno strenuo sostenitore papale. Per darne dimostrazione, durante una manifestazione, nei pressi di Piazza del Popolo, ringrazia pubblicamente Pio IX e dona a tutti i presenti botticelle di vino. Tutto sembra andare per il verso giusto, insomma, o così pare a Ciceruacchio. L’uomo organizza continui raduni popolari: non vuole soltanto esortare Pio IX, ma desidera portare avanti le riforme promesse dallo Stato Pontificio. Tuttavia, ignaro delle prossime mosse, non sa che di lì a breve dovrà fare i conti con una serie di delusioni. La prima occasione di contrasto si presenta a Ciceruacchio come un fulmine a ciel sereno quando, sul finire del 1847, i conservatori prendono il sopravvento nella guida della Curia. Emanati numerosi provvedimenti impopolari, Brunetti è costretto a dissentire, dapprima esprimendo soltanto la propria opposizione, poi manifestando una più forte posizione anticlericale.
(Fonte: Specchio Romano)
Il colpo di grazia, però, lo riceve da un voltafaccia successivo. Si tratta di una celebre decisione di papa Pio IX: l’Allocuzione del 1848, cioè il ritiro delle truppe contro l’invasione austriaca e l’ammissione di neutralità dello Stato pontificio. La perdita di speranza nella Chiesa, per Ciceruacchio, è definitiva. Preso da sconforto, gli ideali liberali in cui credeva gli sembrano d’improvviso perduti. E, tuttavia, un nuovo movimento è alle porte e stavolta è capeggiato da Mazzini e Garibaldi. Ciceruacchio abbraccia la nuova prospettiva e aderisce alla rivoluzione: è il 1849 e la penisola si avvia ad affrontare la questione dell’Unità. Sangue freddo e armi alla mano, Angelo Brunetti si batte contro i francesi, arrivati a difesa del Vaticano; si premura di organizzare il trasporto delle armi e delle munizioni; difende la Repubblica romana e si prodiga per il popolo, procurando bestiame e cibo.
Poi, caduta la Repubblica, non si da’ per vinto, ma temerario e deciso, parte alla volta di Venezia e degli austriaci, insieme allo stesso Garibaldi. Attraversa gli Appennini, si imbarca a Cesenatico e si appresta alla battaglia. Riuscirà ad arrivare soltanto nei pressi del Po, poi sarà costretto ad approdare: una vedetta austriaca ha intercettato l’avanzata. Per Ciceruacchio, purtroppo, è la fine. Il 10 agosto 1849, insieme ai figli, Lorenzo e Luigi, e agli altri patrioti Ciceruacchio verrà fucilato e sepolto sulla golena del fiume.
(Fonte: Roma Artigiana e Creativa)
Forte dell’amore per la sua patria e per la sua città, Ciceruacchio è ancor oggi ricordato in due luoghi di Roma, al Gianicolo e in un mezzo busto, posizionato sulla casa di via Ripetta. Le sue parole, a difesa di Roma, non sono andate perdute e risuoneranno ancora: lo faranno grazie ai numerosi film in suo onore. A noi piace ricordarlo con un famoso monologo, contenuto nella pellicola In nome del popolo sovrano (1990) di Luigi Magni, che vede fra gli altri Alberto Sordi nei panni del Marchese Arquati. Interpretato magistralmente da Nino Manfredi, alla domanda: «Allora perché te sei impicciato de cose che nun te riguardano?» Ciceruacchio continuerà a rispondere, senza esitazione: «Perché io so’ carettiere, ma a tempo perso so’ omo e l’omo se impiccia! […] Io ho difeso Roma, er paese mio, ho voluto bene a Roma, e da quanno en quà l’amor de patria è diventato un delitto? però se pe’ la legge vostra è un delitto volè bene al paese proprio, allora io sò colpevole, anzi sò reo confesso»
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