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La ruota degli "esposti", fra le curiosità un'offesa volgare

foto di: Immagini prese dal web

A Roma non tutti avevano l’opportunità di procreare, a volte la povertà spingeva in direzioni diverse, come la ruota degli “esposti”. L’avete mai vista? Sapete cos’è?

Di cosa si tratta quando si parla di ruota degli “esposti”

Vi è mai capitato di passeggiare nei pressi del Vaticano, vicino piazza San Pietro, e di notare accanto all’Ospedale di Santo Spirito in Sassia una strana grata con all’interno una ruota di legno? Ebbene, quella è la ruota degli “esposti”. A cosa serviva? Tradizione vuole che la sua istituzione risalga al Medioevo, al XII secolo circa e sia successiva ad un particolare evento che sconvolse la città. Dopo aver ripescato nel Tevere i corpi di tre neonati annegati, Papa Innocenzo III decise di dare il via libera alla sua costruzione.


(Fonte: Wikipedia)

E sebbene oggi non tutti concordino nella realtà di quello spiacevole accadimento, nessuno dubita sul fatto che potesse essere piuttosto plausibile l’abbandono o, in casi più estremi, l’uccisione di alcuni bambini. Anticamente, non tutte le famiglie di Roma potevano permettersi la nascita di un altro bambino, soprattutto le meno agiate, che spesso vedevano in questa occasione l’equivalente di un’altra bocca da sfamare. Per questo, inorriditi dal fatto, venne stabilito che un apposito reparto dell’Ospedale di Santo Spirito fosse dedicato ai bambini abbandonati.

Il rimedio trovato da Innocenzo III

Così, per trovare rimedio a questa pratica, che andava sempre più diffondendosi, fra gli strati poveri della città, si rese necessaria la realizzazione di una struttura apposita di forma girevole in legno – appunto, la ruota degli “esposti”- per mezzo della quale le madri potevano, in modo del tutto anonimo, abbandonare i piccini per affidarli alle cure dell’ospedale.


(Fonte: Check in Rome)

Utilizzare il meccanismo non era complesso: bastava aprire lo sportello della ruota, munito di grata, adagiare all’interno il fagotto del neonato e suonare un campanello per avvertire le suore del nuovo arrivato. Quest’ultime giravano la ruota e prendevano il bambino, avvolgendolo in una coperta o drappo azzurro, e da quel momento non solo il piccolo diveniva il “figlio della Casa“, ma veniva consegnato, previa doppia croce sul piedino, alla Priora delle balie. Accanto al civico 2 del portone dell’ospedale è ancora visibile questo strumento di sopravvivenza e, sulla cassetta per le offerte incassata nel muro, si può ancora leggere la targa: “Elemosine per li poveri projetti dell’hospidale“. Il termine projetti in romanesco significava proprio “trovatello, fanciullo abbandonato e spesso restava a mo’ di cognome al piccolino, così come Esposito da “esposti“.

La ruota degli esposti, la nascita di un modo di dire romanesco

I bambini, infatti, una volta grandi non sempre venivano riconosciuti e, per i più fortunati, la legittimità veniva stabilita soltanto successivamente e sulla base di oggetti, o simboli distintivi, che la madre inseriva nella ruota insieme al neonato.


(Fonte: La luce di Maria)

La registrazione avveniva per tutti allo stesso modo: ogni piccolo era definito “filius matris ignotae“, cioè “figlio di madre ignota” o, abbreviando, “filius m.ignotae“, da cui la celebre e volgare offesa in romanesco. Una volta adulti, però, il loro destino cambiava in base al sesso: gli esposti maschi venivano avviati al lavoro; le esposte femmine invece al matrimonio. A tal proposito, ogni anno si svolgevano vere e proprie processioni, in date prestabilite, a cui erano invitati i giovani delle campagne romane in cerca di mogli. Se lo sposalizio riusciva la donna era libera di andare, se invece restava nubile era destinata a rimanere all’interno dell’ospedale, per dedicarsi al lavoro e alla preghiera. Nel corso del tempo la ruota del Santo Spirito, probabilmente la più antica d’Italia, salvò tantissimi neonati dalla morte (se ne contano una media di mille l’anno) per possibile per fame o incuria, fino alla sua abolizione nel 1923.