“Tra Sacro e Profano” la pittura di Ulisse Scintu a Palazzo Ruspoli
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Genio sopra le righe, temperamento da grande artista, burlone, simpatico, compagnone ma allo stesso tempo raffinato, elegante e interprete massimo del suo tempo; Gian Lorenzo Bernini fu l’artista che nel ‘600 ammodernò e abbellì tutta Roma.
L’identità di Gian Lorenzo Bernini può benissimo dirsi un incrocio tra le anime più accese, passionali e vivaci di questa nostra Italia. Padre fiorentino – anch’egli scultore di alta leva – e mamma napoletana, il piccolo Gian Lorenzo nasce proprio nella città del Sole, a Napoli, il 7 dicembre del 1598. Fin da subito segue i passi di suo padre, osservandolo all’interno dei diversi importanti cantieri scultorei e architettonici e imparando il mestiere. A pochi anni dalla sua nascita però lui e la sua famiglia si trasferiscono a Roma, proprio per seguire i lavori del padre. In un primo tempo insieme a lui scolpisce alcuni gruppi scultorei ma le prime opere completate autonomamente da questo piccolo genio sono il San Lorenzo sulla graticola e il San Sebastiano, in cui è palese il suo stile classicista.
Da lì in poi saranno solo successi per Bernini, con opere come il David, il Ratto di Proserpina, Apollo e Dafne, Enea Anchise e Ascanio, che rifondano nel mondo dell’arte uno stile classicista e una modalità di scultura che sembra fare del marmo un materiale morbido, malleabile. Alcune sue opere poi non mancano di provocare scalpore, come la sua Estasi di Santa Teresa, custodita nella cappella Cornaro della chiesa di Santa Maria della Vittoria, sempre a Roma. Questo momento mistica della santa, come racconta lei stessa nei suoi diari, assume i contorni di una pulsione erotica e Bernini coglie in pieno questo punto e scolpendolo nel marmo quasi come fosse una fotografia.
Da buon napoletano di nascita e romano d’adozione, Bernini non si può dire che non fosse un tipo gioviale e scherzoso. Di dispetti, anche pesanti, fu protagonista insieme al suo rivale Borromini e il tutto vi verrà raccontato in un prossimo articolo in uscita sempre oggi, per cui state attenti a non perdere questa chicca! Uno dei suoi scherzi più famosi fu quando ancora in fase di costruzione, alcuni detrattori lo criticavano per la fontana dei Quattro Fiumi ritenuta troppo pesante e destinata a cadere. Bernini un giorno si presentò a Piazza Navona e con fare serissimo legò alcuni fili di lana all’obelisco, che poi con dei chiodi fissò ai palazzi intorno alla piazza. Fatto questo, ostentò soddisfazione e se ne andò! Insomma un grande artista che a colpi di genio e di ironia e grazie al mecenatismo del cardinale Scipione-Caffarelli-Borghese e del Papa Urbano VIII, riempì Roma di fontane e di progetti grandiosi, come il baldacchino della Chiesa di San Pietro. La vita di quest’uomo fu molto lunga, soprattutto per quell’epoca, morì infatti il 28 novembre del 1680, a 82 anni, proprio a Roma, la città che gli aveva dato fama e successo. Durante la sua vita per un periodo di tempo soggiornò anche in Francia e proprio da quell’epoca, si ha uno dei ritratti più completi di Bernini, grazie alla testimonianza di Paul Fréart de Chantelou:
«Vi dirò, dunque, che il Cavaliere Bernini è un uomo di statura media, ma ben proporzionata, più magro che grasso, con un temperamento tutto fuoco. Il suo viso ha qualcosa dell’aquila, in particolare negli occhi. Ha i sopraccigli molto lunghi, la fronte ampia, un poco incavata al centro e lievemente rilevata sopra gli occhi. È calvo e i capelli che gli restano sono crespi e completamente bianchi. Come lui stesso dichiara, ha sessantacinque anni. Tuttavia per tale età è vigoroso e vuole camminare a piedi, come se ne avesse trenta o quaranta. Si può dire che il suo temperamento è tra i migliori che la natura abbia mai formato perché, senza aver studiato, ha quasi tutte le doti che il sapere può donare a un uomo … inoltre, ha una bella memoria, un’immaginazione veloce e vivace [e] un talento tutto particolare nell’esprimere le cose con la parola, con l’atteggiamento del viso e con il gesto, e di farle apparire tanto piacevolmente quanto i più grandi pittori hanno saputo fare con i pennelli»
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