Fabrizio Moro, il poeta ribelle di Roma
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Ciao a tutti, io nasco in una antica famiglia veneta alla fine degli anni ‘40 quando tutto si stava ricostruendo (dopo anni di arretratezza anche musicale) e traggo grande profitto dal fatto che le mie sorelle sono di 3 e 4 anni più grandi di me. Sin dalla mia adolescenza sono sempre stato aggregato per ordine della mamma a tutte le loro feste danzanti quando vivevo in quel di Napoli, città che ha goduto di grande vivacità musicale grazie anche alla base NATO di Bagnoli. All’epoca io ascoltavo Duane Eddy, Elvis Presley, Paul Anka, Gene Vincent, The Shadows, Renato Carosone. Ogni domenica pomeriggio nel salotto di casa di mia madre in via Pedigrotta cambiavo le puntine ai giradischi, ma qui si apre un mondo! Forse è meglio sorvolare sui dettagli, tuttavia devo dire che era un determinato periodo nel quale avevamo a casa nostra la stessa canzone (ad esempio “Only You” dei Platters) sia a 78 che a 33 giri, ma poi pure a 45 giri! Dalla gommalacca al vinile, al PVC! Per anni ho fatto la spola tra Napoli e Roma per via dei genitori separati. Nella capitale frequento il liceo, ma non studiavo, andavo a correre, inoltre coltivavo la passione per il ballo. Dopo secoli in balere, circoli privati e scantinati un giorno apre il Piper Club. Da quel fatidico 17 febbraio 1965 la mia vita inizia a cambiare, ma all’epoca non me ne resi conto. Si ballava lo shake e tutti gli altri balli del “non contatto”. Dal Piper alla TV ed al cinema, nei famosi “musicarelli” con Rita Pavone e Gianni Morandi.
Faccio il pi-erre, sì – continua Casalini nel racconto della sua vita -, porto la gente nei locali e vengo pagato per questo lavoro che mi tiene ore ed ore al telefono. Colleziono dischi da alcuni anni, soprattutto 45 giri (ne possiedo circa 12mila). Il mio battesimo ufficiale con il pick up è datato 30 settembre 1970 (tra un mese saranno 50 anni esatti!!!) ed avvenne al Mon Amì di via Sardegna 27 (che poi si chiamerà Veleno). Nel 1971 per motivi di studio mi trasferisco a Londra. La festa d’addio avvenne al Kinky Club in Via Palermo (poi il nome sarà Green Time e cambierà ancora). Nella swinging town oltre a lavare i piatti lavoro in quasi tutte le discoteche del west-end accumulando enorme esperienza ed una buona conoscenza dei vari generi musicali: dalla soul music all’heavy metal, dal prog rock al reggae. All’epoca trionfa ovunque l’heavy-funk di James Brown. Nell’estate del 1973 torno in Italia (19 ore di treno), portando con me 4 casse di dischi (Barry White, Dr. John, Incredible Bongo Band e “Soul Makossa”). Inizio così (la sera stessa del mio arrivo a Firenze) il lavoro prevalente della mia vita. La paga per quella mia prima sera è di 6.000 lire (poco più di 3€), ma il mio entusiasmo è alle stelle. La passione all’inizio non c’è, oppure è nascosta bene.
La mia carriera inizia qualche mese dopo a Roma. Come alcuni calciatori ho la fortuna di passare di colpo dalla Serie D alla Nazionale. Infatti pur facendo lo steward all’Alitalia lavoro in un club privé a Montesacro: El Cid. Indimenticabile, però cerco la fama nei locali del centro storico della città, in via Veneto, ma non avevo più i miei vecchi contatti. Così ho iniziato a bussare ad ogni porta, come facevo a Londra: “I’m looking for a job, have you got a job for me?”
Infine lo trovai, come? bussando alla porta del Jackie O’ in via Boncompagni, il più importante salotto d’Europa con Regine a Parigi.
Quando? Nel 1974, quando nonostante l’austerity esplode nella capitale la seconda dolce vita. La voglia di divertirsi del jet-set.
Ma prima di tutto, con chi? Con Tonino, che da anni era in assoluto il DJ più richiesto ed importante d’Italia. Al secolo Antonio Verrastro, ex bassista de I Trichechi di Jack la Cayenne, che mi insegna non solo lo stile, ma anche la gestione della serata, come evitare trappole, tranelli, essere seri e disciplinati.
Rimani aggiornato su Roma.com …La parte successiva dell’intervista online martedì 15 settembre..
Credits: Faber Cucchetti
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