“Restà come l’aretino Pietro”, il detto di chi si trova nei guai
Conosci quest’espressione? Indica la situazione in cui un soggetto si ritrova immischiato tra due fuochi, con la certezza di essere bruciato a prescindere[...]
I nostri cognomi sono il risultato di un’operazione che ha cambiato il corso della storia: a un certo punto, con l’apertura dei confini di città e Paesi, è divenuto necessario ‘fissare’ un modo di distinguere l’identità personale degli individui, rendendoli riconoscibili singolarmente. Questo processo si è realizzato cristallizzando e rendendo ereditario il soprannome che, almeno fino al Rinascimento – ma molto oltre per i membri di famiglie reali come quella inglese, il cui cognome è tutt’altro che antico e, per protocollo, quasi mai utilizzato –, era particolare e caratterizzante per il singolo individuo, non trasmissibile e ben distinto da epiteti, patronimici e nomi di battesimo.
Il soprannome ha svolto egregiamente la funzione di appellativo distintivo ben prima che i cognomi divenissero legalmente ereditari e l’ha fatto con una forza espressiva nettamente superiore: da caratteristiche fisiche (Barbarossa, Filippo il Bello, Carlo il Calvo sono esempi celebri) a particolari condizioni, difetti o virtù (es., Guglielmo II il Buono, Giovanna la Pazza, Maria la Sanguinaria, etc.) il soprannome presenta una persona molto più approfonditamente di quanto possa fare il mero nome di battesimo – di solito beneaugurante e, ovviamente, affibbiato prima che si possa anche solo immaginare il carattere e l’aspetto di chi lo porterà. La versatilità e l’esuberanza del soprannome ne fanno un accessorio intramontabile anche oggi che il suo uso è limitato ad ambienti ristretti, come realtà cittadine molto piccole o realtà professionali molto settoriali. A volte, soprattutto quando troppo derisorio, il soprannome è un diminutivo che solo agli amici e i familiari è permesso utilizzare, altre volte è invece l’unico appellativo con cui ci si rivolge a una detta persona, arrivando a sostituirne il nome vero e proprio.
E allora la nostra proverbiale ironia è maestra nella creazione di nomignoli, a volte bonari (il nostro pensiero va a tutti quelli condannati dalla stazza a essere chiamati Er Secco), a volte truci (consacrati da serie TV come Romanzo Criminale, l’uso di uno pseudonimo tra malavitosi è fondamentale e diffusissimo e genera epiteti molto fantasiosi – da Bonzo a Er Mascella, dal Tacchino a Er Puzzola, ogni regione ha le sue varianti) , altre volte ancora divenuti stage name di successo per personaggi comici e sboccati (da Er Cipolla a Er Patata, il mercato ortofrutticolo è fonte inesauribile di spunti divertenti). Eppure, i soprannomi di oggi non sono che un calco di un’abitudine millenaria: l’origine di usare una qualsiasi caratteristica individuale per designare una persona è antichissima, lo dimostrano gli ormai logori Achille Piè Veloce e Ulisse dall’ingegno multiforme.
Anche i frizzanti Er “qualsiasi cosa” dei romani di oggi non sono invenzione nuova. È però possibile che l’inclinazione umoristica al soprannome sia presente nel DNA capitolino da tempi molto antecedenti i B-movie con Er Monnezza protagonista: per gli antichi romani, i supernomina costituivano un segno distintivo funzionale a discernere tra nuclei familiari all’interno delle medesime grandi gens latine. Al praenomen, il nome di battesimo, e al cognomen, distintivo della famiglia gentilizia di appartenenza, si aggiungeva un terzo appellativo. Attributi fisici o caratteriali, anche poco lusinghieri, vennero aggiunti come secondo cognome, o agnomen; e così, il poeta Publio Ovidio Nasone è l’antenato illustre di tutti gli ignoti Er Frappa o Er Nasca, Quinto Orazio Flacco era letteralmente «dalle orecchie flaccide» come un moderno Er Flappe, e il grande oratore Marco Tullio Cicerone («quello dal cece») doveva il suo cognomen alla verruca circolare (a forma di cece, appunto) di un antenato che, al giorno d’oggi, chissà quale titolo canzonatorio avrebbe meritato dalla fantasia romanesca.
Conosci quest’espressione? Indica la situazione in cui un soggetto si ritrova immischiato tra due fuochi, con la certezza di essere bruciato a prescindere[...]
Questo detto è una perla di saggezza popolare, che ci trasmette una grande lezione di vita, ricordandoci che la speranza non si arrende[...]
Questo detto romanesco descrive con ironia quei giorni in cui tutto sembra andare per il verso sbagliato. Quando la sorte decide di voltarti[...]
Questo detto romano ribalta la classica frase “l’erba del vicino è sempre più verde”. Qui il messaggio è chiaro: ognuno pensi al proprio[...]
Questo detto popolare romano ci ricorda che “poco” e “niente” non sono poi così diversi. Usato con ironia per ridimensionare una situazione, è[...]
L’amore per il vino accomuna molti e per rispondere a chi ci accusa di esagerare viene in soccorso un’espressione in romanesco con cui[...]
In romanesco si dice: “Dar tett’in giù se vede, dar tett’in su la fede”, per sottolineare come, osservando una persona, si possa intuire[...]
Le delusioni sono da mettere in preventivo, ma la differenza sta nel modo di reagire a esse. Questo saggio detto popolare in romanesco[...]
Conosci quest’espressione? È un modo di dire tipico romano che descrive qualcuno che è talmente infreddolito da sembrare che stia “battendo le brocchette”.[...]
Questa celebre espressione è utilizzata quando si vuole riportare l’interlocutore alla realtà, senza che si focalizzi su scenari irrealizzabili. Col senno di poi[...]
Conosci questo detto? Dietro le sue parole si racchiude una grande verità: quando c’è necessità, si è disposti a fare qualsiasi cosa per[...]
Essere romano è un privilegio e questo detto testimonia l’amore degli abitanti per la nostra città, culla della civiltà occidentale e tra le[...]
Quando si tratta di sentimenti, i romani lo sanno bene: er core ha sempre ragione! Questo detto popolare celebra l’istinto e la sincerità[...]
Hai mai sentito questo modo di dire? Non è solamente un omaggio a tutte le mamme. Tra le righe nasconde anche un’importante lezione[...]
Conosci questo detto romano? Descrive perfettamente l’imbarazzo e la sorpresa di chi viene scoperto sul fatto, con un’ironia tipica del dialetto capitolino. Ma[...]