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Romanzo criminale, Squadra mobile – Operazione Mafia Capitale, e Suburra: tre film, un solo soggetto, un’organizzazione criminale tutta romana. Si chiamava “Banda della Magliana”. Qual era la sua storia?
Il nome derivava dall’omonimo quartiere periferico romano, nel quale risiedevano alcuni dei suoi fondatori e gran parte degli altri suoi membri. La Banda della Magliana fu la prima organizzazione criminale di Roma. Senza dubbio, la più potente e violenta che la capitale avesse mai visto. Nata nella seconda metà degli anni ’70, questa Banda unificò sotto il suo nome la dislocata realtà malavitosa locale, allora composta di piccoli e frastagliati gruppi criminali detti “batterie” o “paranze“, basati sul concetto di “stecca para pe’ tutti“, ovvero divisione equa fra tutti alla fine di ogni colpo. Le attività della Banda della Magliana si concentrarono soprattutto su: ricatti da sequestro di persona; controllo del gioco d’azzardo; e rapine al traffico di stupefacenti. Ambiti, che la portarono presto a confrontarsi con le principali organizzazioni malavitose italiane, come Cosa Nostra, la Camorra, la massoneria ed altri elementi eversivi dello Stato. L’organizzazione, come molti di voi ricorderanno, coinvolse i suoi membri in quelli che furono tra i maggiori eventi di cronaca nera del Paese: il caso Moro, l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, la strage di Bologna, l’attentato a papa Giovanni Paolo II e tanti altri.
Fino a quel momento, la criminalità romana non si era mai data una precisa organizzazione, una struttura verticistica o piramidale: esistevano numerosi gruppi criminali, ma dispersi sul territorio. La consuetudine cambiò quando, il clan dei marsigliesi, d’origine francese, cominciò ad imporre le proprie leggi e il proprio controllo sul territorio, decretando l’ambizione, fino ad allora sopita, della delinquenza di borgata romana. Ora, nel 1976, all’arresto dei boss di quel clan, l’improvviso vuoto, creato nel prezioso business, cominciò a diventare oggetto di desiderio per molti malfattori, rendendo al contempo possibili le prime alleanze tra gruppi.
In questo modo, e coinvolgendo più di un quartiere capitolino (Trastevere, Testaccio, Magliana e Ostiense), si fece largo l’idea di un’unica alleanza, che di lì a poco vide la sua effettiva realizzazione nell’incontro di tre, fra i principali criminali della città: in ordine Abbatino, De Pedis (in arte, Renatino) e Giuseppucci. Così, vide la luce per la prima volta quella che passò alla storia come Banda della Magliana: con lo scopo di abbandonare definitivamente il ruolo di marginalità delle “batterie” del passato; di unire le sorti; e di appropriarsi di tutti i traffici illeciti della città. Il debutto: il sequestro del duca Massimiliano Grazioli Lante della Rovere, ostaggio che poi, a causa di un accidentale svista, da parte dei sequestratori – uno si fece vedere in volto -, fu ucciso. Il riscatto, comunque, fu pagato e “steccato” equamente tra i gruppi interni alla banda e “quelli di Montespaccato“, che l’avevano aiutati. Infine, il denaro fu riciclato in Svizzera.
«La somma del riscatto venne ripartita in ragione del cinquanta per cento a quelli di Montespaccato, che avevano in custodia l’ostaggio, e del cinquanta per cento a noi. Ognuno dei due gruppi doveva detrarre dalla propria parte la “stecca”, rispettivamente, per il basista Enrico e per il telefonista. Le quote spettanti a ciascun gruppo si ridussero del dodici per cento, costo del cambio delle banconote in franchi svizzeri. Debbo ancora aggiungere che Enzo Mastropietro, il quale aveva partecipato alla preparazione del sequestro, non poté partecipare però all’esecuzione in quanto poco prima era stato arrestato. Ciò nonostante, venne a lui riservata una quota di lire venti milioni e una quota di lire quindici milioni venne riservata a Enrico De Pedis, il quale come ho già detto era anch’egli detenuto, in considerazione dei suoi stretti rapporti con Franco Giuseppucci»
Queste, le parole di Abbatino, noto ai membri come Crispino, durante il suo interrogatorio.
Nel giro di due anni, la Banda della Magliana passò dall’essere una new entry del panorama criminale romano, all’essere la padrona indiscussa di quel variegato ambiente malavitoso – tutto –. Questo non riuscì però ad impedirne le prime controversie interne, causa della definitiva disgregazione. Non fu solo la morte di Giuseppucci, detto il Negro, leader e collante della Banda, a mettere in crisi il covo, ma le continue gelosie e rivendicazioni, da parte dei due schieramenti interni, di fatto formatesi dopo la sua uccisione. In altre parole, dopo quell’episodio che, almeno all’inizio, era stato al contrario movente di una fortissima aggregazione (a quanto pare, piuttosto illusoria).
Il Sorcio (all’anagrafe, Fulvio Lucioli) fu il primo arrestato, e pure il primo pentito. Dopo di lui, l’escalation verso la fine fu tracciata. Il 3 ottobre del 1995, nell’aula bunker, appositamente allestita, nell’ex palestra olimpionica del Foro Italico di Roma, iniziò il maxi processo: alla sbarra l’intera Banda della Magliana.
E, tuttavia, i postumi di quegli anni continuarono a farsi sentire. Nel 2010, nell’ambito di una grossa indagine antiriciclaggio, partita – pensate un po’ – da un omicidio, e portata avanti dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, tra le persone coinvolte spuntò un nome molto noto alle forze dell’ordine. Si trattava di Nicoletti, cosiddetto Cassiere, della Banda della Magliana. Nello stesso anno, un altro ex esponente della Banda venne arrestato, Manlio Vitale, detto Er Gnappa. E se pensate sia finita qui, vi sbagliate. Perché ultimamente, e in pieno covid, per l’esattezza a novembre 2020, sono stati arrestati due criminali: uno apparteneva proprio a quel passato malavitoso di Roma. D’altra parte, il nome dell’operazione, Magliana Fenix, ne restituiva l’eco.
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