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Quarantacinque anni fa usciva il primo numero del quotidiano la Repubblica, sapete di cosa parlava?
Era il 14 gennaio del 1976 e nelle edicole italiane, oltre a L’Espresso, attivo già dal 1955, usciva un nuovo quotidiano: si chiamava la Repubblica, aveva sede a Roma, un «un giornale indipendente ma non neutrale», così si presentava ai suoi nuovi lettori.
(Fonte: Twitter)
Dal nome scelto in omaggio di quel piccolo giornale Portoghese che pochi anni prima aveva dato voce alla “Rivoluzione dei garofani”, il nuovo giornale romano, siglato dall’accordo fra Eugenio Scalfari, Carlo Caracciolo , Mario Formenton e Giorgio Mondadori, con sede in quattro stanze di via Po, si presenta fra le mani del pubblico in un formato tutto nuovo: sei colonne invece delle tradizionali nove; 20 pagine; esce dal martedì alla domenica e, al posto della terza pagina tradizionale, la cultura è collocata nella pagina centrale. Non vuole scontrarsi con l’editoria corrente, non cerca di dare le notizie del giorno, ma vuole soltanto differenziarsi: dare approfondimenti a chi già ha letto i fatti di giornata. Schierato politicamente, i suoi commenti sono incisivi, taglienti, pungenti tanto quanto le sue cronache e d’altra parte i movimenti sociali del tempo non tardano a richiederne contenuti sempre più mirati.
In prima pagina il titolo recita «L’incarico a Moro, ma la sfida è sull’economia» e al costo di 150 lire è possibile acquistarlo, per sfogliare l’articolo di Fausto De Luca sul quarto governo Aldo Moro. Soltanto qualche pagina e si passa al «compagno Berlinguer», di Scalfari stesso. Il linguaggio è brillante, la terminologia è tecnica ma efficace, le inchieste giornalistiche sono attente, puntuali e dettagliate, perché l’intento è diventare presto alla portata di ognuno.
(Fonte: Il Post)
Alla gente piace svegliarsi la mattina e andare sotto casa a comprare il quotidiano, perché la maggior parte delle informazioni sono lì. La televisione, ancora sotto il monopolio RAI, gode di un palinsesto settimanale, non giornaliero, creato per appuntamenti fissi, non da fruizione continua (come oggi, per intenderci): il lunedì tocca al film; il martedì alla commedia; il giovedì al quiz; il venerdì alle rubriche culturali e il sabato all’attesissimo varietà. Il giornale è il primo internet della storia, il primo google territoriale, resta se non l’unico il più importante strumento di conoscenza degli accaduti. Il giornale su carta stampata, ripiegato sotto braccio o arrotolato di fretta, fa parte della routine e per non restarne fuori bisogna leggere, perché tutto ciò che sta fra quei rotocalchi diventa presto argomento di discussione e nei posti più disparati – ché per il primo sms è ancora lunga!
Poi sul finire dei ’70 accade un fatto strano, succede qualcosa di improvviso e di irreparabile e la Repubblica è già lì: a marzo Aldo Moro viene rapito. Si vocifera siano state le Brigate Rosse. Le chiacchiere sono confermate da una fotografia: il leader della Democrazia Cristiana, sguardo stanco, posa con in mano in giornale del giorno, a dimostrazione che è ancora vivo. È un numero de la Repubblica, datato 19 aprile.
(Fonte: la Repubblica)
Nei cinquantacinque giorni di sequestro, Scalfari si oppone fermamente a Craxi, alla sua richiesta di trattare con i brigatisti: le pagine diventano un campo di battaglia, le parole sono armi e la morte di Moro scoppia come una bomba. I lettori sono sempre di più e nel giro di soli cinque anni la Repubblica pareggia i bilanci. Siamo agli albori degli anni ’80 e il Corriere della Sera comincia a vacillare, fino al crollo di fatto del 1981. Scalfari intravede la possibilità di portare la Repubblica ai vertici della stampa e riesce a strappare due firme prestigiose, una è quella di Enzo Biagi, uno dei volti più popolari del giornalismo del XX secolo. Poco oltre la metà degli anni ’80, con le nuove rubriche di eventi sportivi, di finanza e l’idea del gioco a premi chiamato Portfolio, la Repubblica si consolida come il primo giornale d’Italia. Non manca certo la contro risposta del Corriere: una battaglia a colpi di rotocalchi e di novità aggiunte.
Oggi, la Repubblica è al secondo posto fra i giornali più venduti in Italia e deve cedere ahimè al “nemico” milanese di via Solferino l’apice, ma dopo una mano di direzioni, di cui l’ultima, l’attuale di Maurizio Molinari, si conferma essere sempre sul pezzo!
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