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Roma c’ha ‘n sacco de quartieri, ma voi vi siete mai chiesti cosa significa la parola “quartiere” e perché si usa?
Ogni volta che viene pronunciata la parola quartiere, l’immaginazione, chissà perché, corre dritta verso un bel quartino di vino, assaporato in un’osteria, davanti ad un bel piatto di carbonara fumante, e perché no, in compagnia di qualche storico amico. Forse, perché in questo modo è uscita fuori l’idea di un articolo simile: qualche giorno fa, ad un certo punto, nell’attesa dell’ordinazione, s’era levata una domanda – “ah regà ma perché se dice quartiere?” -. C’aveva un po’ spiazzato, mica c’avevamo mai pensato, in effetti, anche se ognuno dentro di sé ne vedeva chiaro il senso, o meglio, ne stilava la lista: “un quartiere è un quartiere, tipo l’Eur“, ci dicevamo. Ma perché non sapevamo dire esattamente cosa fosse un quartiere, senza riportarne l’esempio specifico?
Ci sta sempre ‘sta dinamica, nel linguaggio: si usano le parole per routine, l’abitudine ne cela i motivi, e ce va bene così, tanto famo a capisse e, finché ce se capisce, perché fasciasse la testa?
Eppure, quella domanda ce girava nella testa, nel frattempo era arrivato il primo e nessuno aveva ancora risposto.
Incredibile! Pronunciamo continuamente quel termine, ma non ne sappiamo il motivo: ce serve e basta; spesso, è solo il luogo che cerchiamo di raggiungere o di descrivere a qualcuno; non ce ne frega nulla del perché si dica così – almeno, fino a quel momento, non ci importava saperlo.
Solo che è proprio curioso, dite la verità: è come chiedersi, perché bicchiere si dice bicchiere e non posata. Perché la parola quartiere indica ciò che indica?
Ebbene, anche la parola quartiere è una parola d’origine romana! Ma quante cose c’hanno lasciato sti romani? Avranno pure girato col sandaletto in inverno, ma le loro trovate so’ eterne, come la città che c’hanno affidato!
La parola quartiere deriva da un numero di settori, ovvero quattro, come è facilmente intuibile. A loro tempo, infatti, già i romani avevano adottato questa impostazione, per suddividere gli accampamenti (castrum). In poche parole, si tracciavano due strade principali, il cardo e il decumano, l’una perpendicolare all’altra. L’intersezione delle due dava vita a quattro parti e, va da sé che, ogni parte era “un quarto” dell’intero, ovvero un quartiere. Questa tecnica, tra l’altro oggi motivo di una figura geometrica cara ai cristiani e al Vaticano (se ce pensate, le linee formavano una croce), venne successivamente utilizzata anche per le città. In questo modo, era molto semplice riuscire ad orientarsi, o indicare luoghi, se la stessa veniva frazionata in diverse zone. Perciò, nel Medioevo, questa pratica divisoria venne largamente operata. Spostandosi più avanti nel tempo, poi, a cavallo fra le due guerre mondiali, molti architetti del Movimento Moderno videro, in questo metodo, un procedimento utile a razionalizzare il tessuto urbano e, sebbene molte loro soluzioni architettoniche risultarono utopiste, molte città razionaliste videro la luce. Tra le tante, Sabaudia, nell’Agro Pontino, meta estiva per eccellenza sul litorale laziale, a pochi passi da Roma.
La domanda sul termine quartiere, ovviamente, si portava dietro un’altra considerazione: cosa cambia coi rioni? In effetti, a Roma esistono entrambi e, pensandoci bene, fisicamente non cambia nulla, non ci sono differenze strutturali evidenti. In realtà, si tratta di sistemi utilizzati per definire zone e spazi, all’interno di una città: insomma, hanno un ruolo del tutto simile, ad una prima occhiata. Tuttavia, in passato, i rioni di Roma indicavano gli spicchi interni alle mure Aureliane, quelli centrali e più antichi; mentre i quartieri quelli esterni, più “moderni”, fuori le mura. Se ne può dedurre, quindi, che la parola rione indichi, anche oggi, le zone meno recenti; al contrario, la parola quartiere, le “nuove”. Ma voi lo sapevate che, i 22 rioni di Roma centro corrispondevano alle 14 regiones, nelle quali Augusto aveva suddiviso il territorio dell’Urbe romana?
Per non parlare, infine, delle borgate di Roma! Se ne possono contare, ufficialmente, ben 12! Ed indicano sia piccoli centri abitati rurali, sia raggruppamenti di edifici periferici, interni ad un quartiere cittadino.
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