“Non bisogna fermasse alla prima osteria”: il motto che invita alla resilienza
“Non bisogna fermasse alla prima osteria” è detto romano, che ci ricorda una lezione di vita fondamentale: non bisogna scoraggiarsi al primo ostacolo.[...]
Il repertorio del dialetto romanesco è pressoché infinito quando si parla di detti o modi di dire tipici di Roma, oggi ve ne faremo una carrellata, approfondendo anche il contesto e il momento migliore per tirarli fuori in un discorso, seguiteci!
Abbiamo già accennato nei nostri post, di come il romano sia una persona sempre dalla risposta pronta, un po’ spaccone e sempre gioioso. Abbiamo trattato approfonditamente anche il modo di dire, pagamo alla romana, su cui anche l’Accademia della Crusca si è pronunciata e ha cercato di chiarirne le origini. Oggi in questo viaggio nel dialetto romano cercheremo di ridare lustro anche a detti che magari sono caduti un po’ nel dimenticatoio e che invece possiedono ancora quella carica espressiva che solo il dialetto e soprattutto il romanesco può dare.
Il romano infatti essendo spaccone è anche un tipo abbastanza impulsivo, che non bisogna ‘ntuzzicare (stuzzicare) altrimenti è facile che piji d’aceto (si arrabbi) e che poi ti dica in tono brusco, ao, ma che cerchi rogna? (cerchi di iniziare un litigio?); in queste situazioni state sempre molto attenti perché il romano ha una e una sola filosofia di “combattimento”: chi mena pe’ primo, mena du’ vorte. Perché i romani di per sé, sono compagnoni e gli piace molto mangiare e bere, ma se lo fate da soli, senza condividere, ti direbbe papale papale (in modo schietto e autoritario), che chi magna da solo se strozza. E se cercherete di tergiversare, di cambiare discorso, sappiate che potrebbe non prenderla molto bene a esse preso p’er culo e potrebbe iniziare a brontolà come ‘na pila de facioli (lamentarsi in continuazione simulando il rumore di una pentola di fagioli).
Grande spazio all’interno dei detti romaneschi è preso dal clero e dagli altri rappresentanti della Chiesa, data la presenza del Papa e del Vaticano. Secondo un detto romano infatti li parenti del Papa, diventeno presto cardinali secondo un uso dell’antichità per cui la maggior parte delle volte i più stretti collaboratori del pontefice erano proprio suoi familiari e che sta a significare che chi ha appoggi in alto, riesce più facilmente a fare carriera. Ma l’intreccio tra clero e cibo è facile e allora piove o nun piove, er papa magna (al di là di ciò che succede il papa sta sempre bene) e se vuoi che nella tua vita non manchi mai il cibo dovrai farti prete, infatti chi vo’ imparà a magna, dalli preti bisogna che va. I preti però non sempre danno il buon esempio per cui fa quer che er prete dice e non quer che er prete fa, ma soprattutto, non impicciarti mai dei loro affari perché: sta scritto su la porta del curato: chi s’empiccia mor’ammazzato!
Si potrebbe continuare ancora per molto, anzi se sei interessato a saperne di più o a segnalarci qualche particolare modo di dire, scrivici subito!
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