La Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami e la storia della sua confraternita
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Non ogni città può essere eterna come Roma: questo il caso di una gemma preziosa come Civita di Bagnoregio, a due passi da Roma. La conoscete? Ci siete mai stati? Perché si chiama così?
Prendete il GRA, uscite dall’ingorgo cittadino e proseguite verso Viterbo: è lì che si trova uno dei borghi più suggestivi ed affascinanti del Lazio, la città di Civita di Bagnoregio. Nota a tutti per via della precarietà legata alla sua storia, Bagnoregio ricopre ormai da anni il ruolo di meta imprescindibile. Ma perché viene definito il “borgo che muore”? Considerato uno dei borghi medievali più belli d’Italia, Civita di Bagnoregio vanta ogni anno innumerevoli visitatori, colpiti dal suo aspetto tutt’altro che ordinario: sembra essere fuori dal tempo e, forse, un po’ lo è, contornata di un’atmosfera magica. Civita di Bagnoregio è onirica, è un sogno: per chi la osserva da lontano, pare uscita fuori da una di quelle favole, che ascoltavamo da bambini. Vi ricordate quei castelli fantastici dei racconti, col fossato intorno, raggiungibili solo attraverso un ponte levatoio? Bagnoregio se ne sta lì, arroccato su una collina al centro della valle dei Calanchi e per accedervi si può solo percorrere il lungo ponte (200 mt circa) stretto e in salita.
Fu lo scrittore, letterato italiano, Bonaventura Tecchi a definirla, per primo, “la città che muore” e per una motivazione ben precisa.
La città, infatti, poggiando su un colle di tufo, si fa portavoce assoluta dell’instabilità dell’esistenza. Ogni anno, i due torrenti erodono parte dei fianchi di quell’altura, aggiungendosi a vento e piogge, per questo Civita scompare. Senza parlare di quando tutt’intorno regna la nebbia e la città sembra fluttuare su quei banchi fumosi e bianchi, fino a scomparirvi dietro. In quelle – neanche così rare – occasioni, Civita appare come uno di quei ricordi bellissimi, rarefatti dal passare del tempo. Così, Civita esiste e non esiste ed è proprio questa sua bellezza, indissolubilmente legata all’oblio, a farne il borgo più bello di tutti. Civita riscatta il senso della vita. Tutto ha una fine, ma non per questo ha meno importanza o bellezza: l’essere umano ne è l’esempio più grande. Un pò come ognuno di noi, la città mostra se stessa ai più coraggiosi, quelli che non hanno paura di dover camminare, disposti ad affrontare le vertigini di quell’unico passaggio, dal panorama sublime. Civita di Bagnoregio è unica ed è in questa unicità che si fa uguale (e diversa) alla meraviglia della vita di ognuno.
L’origine del nome “Bagnoregio” sembra potersi dedurre dalla sua definizione letterale “Bagno del Re“. Pare, in effetti, che la città fosse in passato una stazione termale, che ospitò tra gli altri, Desiderio, il Re dei Longobardi, allora gravemente malato. La storia di questa città affonda, però, le sue radici in epoca etrusca, per poi divenire vivace civitas in età romana. Tanti gli interventi degli abitanti, che nei secoli hanno tentato di salvare il borgo dall’erosione e dalle frane. Uno dei più famosi fu il “Bucaione“, il tunnel d’accesso scavato direttamente nella roccia sedimentaria del monte, per creare una possibile via d’accesso alla città, prima del ponte. Civita è sempre stata una perla rara da salvare, perciò le amministrazioni odierne spingono in direzione del turismo. La piccola tassa d’entrata (soli 5 euro) è stata concepita come possibile fondo, per i lavori di restauro e stabilizzazione, utili a mantenere visitabile il borgo. D’altra parte, Civita può contare fra i suoi abitanti soltanto 11 persone circa, data la sua incertezza strutturale. Nonostante questo, piccolo e incantato, con scorci stupendi e vicoli a strapiombo, il borgo è stato spesso protagonista di alcuni celebri set cinematografici, tra cui “Pinocchio” (2009), “Tutta questione di Karma” (2017) e il recente “Può baciare lo sposo” (2018).
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