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A Roma si sa, c’avemo tutto, nun ce manca niente, così anche nell’oscura categoria di fantasmi e mondo delle tenebre siamo presenti e forti più che mai, con personaggi top e storie da brivido. Proprio nella notte dell’ 11 settembre nella Capitale, appare una presenza particolare, vissuta qualche secolo fa e che ancora non trova pace nell’aldilà, Beatrice Cenci.
La storia di Beatrice Cenci ricorda un po’ quella dell’artista tardo rinascimentale Artemisia Gentileschi, anche lei romana di Roma. Entrambe le donne infatti furono oggetto di violenze da parte di un uomo, ma alla protagonista di questa storia dell’orrore non si prospettò poi un futuro di riscatto, da grande pittrice di corte europea, purtroppo. Beatrice Cenci, nata nel 1577, infatti era oggetto di violenze da parte del padre; dopo anni di soprusi la donna riuscì a denunciare il suo genitore, ma nonostante la cattiva nomea di cui godeva Francesco Cenci, la richiesta d’aiuto della donna non sortì alcun effetto. Lei e i suoi familiari allora, esasperati dalle violenze del padre decisero di farsi giustizia da soli. Dopo aver stordito l’uomo violento, Beatrice, i suoi fratelli Giacomo e Bernardo, la sua seconda moglie Lucrezia, il maniscalco Marzio da Fioran e il castellano Olimpio Calvetti, lo uccisero in maniera molto cruenta, spezzandogli le gambe e conficcandogli un chiodo in gola e nella testa, gettando infine il corpo da una rocca.
Il 9 settembre del 1598 il corpo di Francesco Cenci fu ritrovato e trovando che le ferite non erano compatibili con una morte da incidente, gli inquirenti indagarono più profondamente e anche grazie all’aiuto della tortura, i sospettati confessarono pienamente l’accaduto. Così scattò la condanna a morte per tutti gli assassini, da eseguire all’alba del 11 settembre del 1599. Beatrice prima di morire espresse il desiderio di essere sepolta nel cimitero di San Pietro in Montorio, in una tomba anonima come era consuetudine per i condannati a morte.
Fin qui, al di là della storia di violenze e di orrori perpetrati dal padre Francesco e dagli assassini di lui, nulla può farci pensare a una storia di fantasmi, ma purtroppo Beatrice Cenci non ebbe pace nemmeno dopo la morte. Nel 1798 le truppe napoleoniche invasero Roma e nelle loro scorrerie arrivarono anche nella chiesa di San Pietro in Montorio, dove devastando il cimitero, dispersero i resti mortali della donna; addirittura ci fu chi affermò che i soldati francesi giocarono a palla con la sua testa. Da quel momento in poi il fantasma di Beatrice Cenci cominciò a vagare per la città di Roma e a farsi vedere soprattutto nelle notti tra il 10 e l’11 settembre, che cammina sul ponte di Castel Sant’Angelo con la sua testa in mano.
Oltre a Beatrice Cenci, probabilmente la storia più famosa tra quella dei fantasmi romani, Roma può contare molti altri spettri all’interno delle sue mura; come quello di Messalina, che vaga su Colle Oppio, vicino al Colosseo oppure quello di Nerone che aleggiava a Piazza del Popolo. A Piazza Navona invece aleggiano altri due fantasmi di donne, quello di Donna Olimipia Maidalchini Pamphilj, meglio detta la Pimpaccia donna potentissima e consigliera di papa Innocenzo X e quello di Costanza Conti de Cupis, la donna dalle mani perfette. Vicino a Palazzo Farnese, nel vicolo delle Grotte invece Giuseppe Balsamo, conosciuto come Alessandro Conte di Cagliostro vaga cercando la moglie, che lo aveva fatto condannare a morte e che ora ancora lo cerca anche lei, consumata dal rimorso, tra i vicoli di Trastevere e piazza di Spagna. Sempre in questa piazza ogni tanto appaiono anche i fantasmi di John Keats e Percy Bysshe Shelley, amici per la pelle e poeti romantici inglesi; nella vicina Villa Borghese invece, un tempo cimitero di prostitute e ladri e vagabondi, vagano ancora le anime di Targhini e Montanari, carbonari decapitati nel 1825, che portano la loro testa stretta sotto braccio. Infine, uno dei personaggi più famosi della Roma del sette-ottocento è Mastro Titta: alcuni dicono che all’alba, nei pressi di Castel Sant’Angelo, si aggiri il fantasma del boia più famoso di Roma, protagonista essenziale anche della commedia teatrale Rugantino.
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