“Narciso, la fotografia allo specchio”, una mostra che riflette sul concetto del doppio
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Questo è effettivamente il giorno più corto dell’anno, quello in cui manco ar sole je va de uscì fori e fa’ il lavoro suo. Poche ore di luce, il minimo sindacabile e poi tutti a nanna per favore, che de ‘sti tempi magari ci mette anche al riparo da brutti scherzi, ma cosa significa effettivamente solstizio?
In sostanza il solstizio d’inverno, che di solito cade il 21 dicembre, è il giorno più breve dell’anno (artro che Santa Lucia!) e allo stesso tempo dunque anche la notte più lunga. Il suo significato ha un’origine astronomica, e si divide nelle due parole sol e sistere; molto semplicemente il primo termine significa sole, mentre il secondo è un verbo che si traduce in italiano come stare fermo. Traducendo il più possibile alla lettera si potrebbe dire che il solstizio è quel momento in cui il sole sembrava rimanere fermo nel cielo, in sostanza, nun j’annava de movese. Infatti gli astronomi antichi notavano che nei giorni intorno a questo particolare momento dell’inverno la traiettoria tracciata dal sole nel cielo, da est a ovest era molto breve, tanto da sembrare sorgere e tramontare quasi nella stessa posizione. Paradossalmente questo è anche il periodo in cui la Terra è nel punto più vicino al sole rispetto alla sua traiettoria ellittica, ma allora perché fa più freddo, direte voi? Il motivo è da ricercare nell’asse terrestre, che non è dritto, ma è storto di 23° abbondanti, per cui i raggi del sole compiono un viaggio molto più lungo per arrivare alla superficie terrestre e soprattutto devono scaldare una porzione di terreno maggiore rispetto alla stagione estiva. È anche per questo motivo che ora nell’emisfero meridionale del mondo si è nella stagione estiva, proprio perché i raggi del sole arrivano in modo più diretto in quella fascia del globo terrestre.
Passati questi giorni però il sole ricomincia la sua cavalcata allungando la sua traiettoria e il suo tempo di permanenza del cielo, tanto che, proprio nel periodo immediatamente successivo al solstizio d’inverno i romani festeggiavano la festa del Sol Invictus, ovvero del Sole Imbattuto, proprio perché tornava a rialzare la sua traiettoria e a farsi vedere, per poi tornare a splendere durante la bella stagione.
Come abbiamo già scritto in un altro articolo, i giorni che andavano dal 17 al 23 dicembre e che quindi anticipavano la festa del Sol Invictus, era il periodo in cui si festeggiavano i Saturnalia ovvero il momento in cui saltavano tutte le regole scritte della società e in cui a Roma era possibile ancora giocare d’azzardo e scommettere. Non solo. Era anche il periodo in cui servi e padroni non esistevano più e in cui, guarda un po’ il caso, si era soliti scambiare gli uni con gli altri piccoli regali o doni chiamati strenne. Ogni giorno però era una ricorrenza differente e mentre il 17 avveniva l’accensione di numerose candele proprio per sperare che la luce tornasse a scaldare e a illuminare il mondo, il 18 invece si festeggiavano gli Eponalia, in onore della dea Epona. Questa divinità di origine celtica era la protettrice dei cavalli e di altri animali e i romani la adoravano anche come dispensatrice di abbondanza e fertilità. Dal 18 al 20 dicembre invece si festeggiavano gli Opalia in onore della dea Ops, moglie di Saturno e protettriche dei raccolti. Il 20 i Sigillaria in cui si era soliti donare ai vivi e alle divinità protettrici della famiglia delle statuette con cartoline d’auguri. Il 21 dicembre era la volta dei festeggiamenti della dea Angerona, protettrice dei consigli e del silenzio, mentre il 23, l’ultimo giorno era quello dedicato ai festeggiamenti di Acca Larentia, la mamma adottiva di Romolo e Remo. Insomma un grande periodo di festeggiamenti a Roma, che probabilmente avranno dato origine a quello che oggi per noi sono le festività natalizie.
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