“Po esse”, la frase dei dubbiosi
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Er romano se sà, c’ha er còre grande, pe aiutà n’amico farebbe di tutto, quanno te vole bene te tocca dappertutto, e quanno te serve na mano è sempre pronto a portatte sulle spalle, a cavacecio.
Molte volte non ci pensiamo neanche, ma salire sulle spalle di qualcuno è forse una delle prime esperienze che facciamo dopo essere venuti al mondo. Quanno poi da pischelletti, magari dopo aver fatto una lunga passeggiata al parco, stanchi di camminare, salivamo sulle spalle di nostro padre. Il sorriso ce tornava subito e la stanchezza se n’annava, perché se sà, il mondo guardato da lassù è meraviglioso.
A papà ma te ricordi quante vorte m’hai preso a cavacecio, ogni vorta era na giostra, e per me eri er più forte. Quello che ho avuto me resta dentro ar còre, però mo scenno da cavacecio e comincio a core.
Ecco poi tocca a noi, arriva il giorno che sulle nostre spalle facciamo salire gli amici e le prime fidanzate. Insomma, il cavacecio fa parte di noi e del nostro volerci bene.
Beh, molto probabilmente deriva dalle parole “a cavallo di un ciuco” ossia trasportare una persona accovacciata sul tuo dorso. Trasformato poi in cavacecio dal dialetto romanesco. Il cavacecio è famoso anche fuori dal raccordo, ne sanno qualcosa i franzosi, quanno nel famoso film, Blanchard disse ar Marchese del Grillo:
A me la cosa che mi ha impressionato di più, mon amì, è vedere degli uomini che portano sulle spalle un altro uomo come dei somari. Tant’è che il Marchese je rispose: Blanchard, ma quali somari! Intanto il Papa non è un uomo ma il rappresentante di Dio in terra. Ma poi, se Napoleone te chiedesse de portallo a cavacecio, tu che fai non ce lo porti?
Magari non capita tutti i giorni che un amico, un fratello o chiunque sia, ti faccia salire sulle sue spalle, ma anche se dovesse capitare solo metaforicamente, be’ apprezza quel gesto. Chi ti porta a cavacecio in qualche modo ti sta dimostrando che te vole bene, te stà a dì, che te per lui sei ‘mportante. E fidate, de persone così non ce ne so tante, se possono contà sulle dita de na mano.
Tiettele strette, e quanno te capita, ricambia er cavacecio!
Domenico De Stefano
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