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No non è Nostradamus, né i Maya, quella che predice la distruzione di Roma è la profezia di San Malachia O’Morgair, un arcivescovo irlandese, che arrivato in pellegrinaggio alla tomba di San Paolo rimase affascinato dalla bellezza della chiesa e venne ispirato per la profezia.
Come già accennato nell’articolo dedicato a tutte le chiese dedicate a San Paolo, la più importante intitolata all’evangelizzatore di Tarso, è proprio quella chiamata Fuori le Mura. Anticamente infatti questa basilica non era in piena città come oggi, nel quartiere Ostiense a pochi passi da Garbatella e Testaccio. Basilica tra le più imponenti costruite a Roma, questa è più grande di San Giovanni in Laterano e seconda solo a San Pietro. Distrutta da un incendio nel 1823, papa Leone XII la fece ricostruire tale e quale com’era prima, con le cinque navate, il tetto cassettonato e i famosi tondi che ritraevano i papi da San Pietro in poi, compreso il contemporaneo Francesco.
Quando Malachia si recò in pellegrinaggio a Roma e fece visita alla basilica di San Paolo si dice che egli abbia avuto una visione sui futuri papi e trascrisse il tutto in motti latini abbastanza oscuri. A partire da Celestino II, eletto nell’ottobre del 1143 infatti, su questo foglio si susseguono 112 motti, proprio come il numero dei tondi vuoti all’epoca partendo da questo papa, che descrivono il futuro eletto al soglio pontificio. La concordanza di alcuni di questi motti con l’origine o la storia dei papi eletti mette veramente i brividi… Ad esempio il famoso papa eremita Celestino V, l’unico che prima di Ratzinger avesse mai rinunciato al ruolo di Papa, viene descritto come ex eremo celsus ovvero innalzato dall’eremo, proprio per la sua storia. Il suo successore, Bonifacio VIII, della famiglia dei Caetani, che ricevette il famoso schiaffo di Anagni, venne identificato con il motto ex undarum benedictione perché nel suo stemma nobiliare campeggiavano delle onde. Arrivando ai giorni nostri si può prendere esempio da Giovanni Paolo II, descritto con il motto de labore solis, il lavoro del sole, che si può riferire a lui dato che nel giorno della sua nascita e della sua morte ci furono delle eclissi solari, oppure il motto su Ratzinger, Benedetto XVI, che recita Gloria olivae e che può ricondursi al suo ordine, i benedettini, che hanno proprio il simbolo dell’ulivo.
Secondo questo testo dunque Papa Francesco dovrebbe essere il penultimo papa a regnare sulla terra con il suo motto che recita così: In persecutione extrema S.R.E. sedebit, da tradursi come “Regnerà durante l’ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa” o “La Santa Romana Chiesa sarà in una persecuzione finale”. Insomma un presagio lugubre che termina con un ulteriore motto che riporta
Petrus Romanus, qui pascet oves in multis tribulationibus; quibus transactis, civitas septicollis diruetur, et Judex tremendus iudicabit populum suum. Finis.
Pietro Romano, che pascerà il gregge fra molte tribolazioni; passate queste, la città dai sette colli sarà distrutta e il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo. Fine.
Insomma, dopo papa Francesco ci sarà un ultimo papa, Pietro, che gestirà le molte tribolazioni della chiesa e assisterà alla fine di Roma e del mondo.
Ma come può la città eterna morire? In effetti molti dubbi nel corso degli anni sono stati sollevati sulla veridicità di questa profezia. A non far quadrare i conti sono diverse notizie storiche discordanti su alcuni papi di epoche successive, che Malachia, a suo tempo non poteva conoscere. Inoltre, la data di ritrovamento di questa profezia si attesta intorno al 1595, proprio gli anni entro i quali le profezie sembrano concordare perfettamente con i papi eletti, dopo di che molte di queste appaiono generiche ed arbitrarie, perfino non direttamente collegabili ai pontefici regnanti. Il dubbio è che questo documento sia un falso storico, redatto ad arte per influenzare le scelte politiche per l’elezione dei papi in quegli anni e in quelli futuri! Insomma se tutta questa profezia sia un falso o no potremo scoprirlo solo aspettando di vedere cosa succederà nei prossimi anni, nel mentre, una toccatina…
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