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Gli Ambarvalia sono una festività dell’Antica Roma, in onore della dea Cerere, per propiziare la fertilità dei campi e consistente in sacrifici, in riti privati e pubblici che terminano con una processione
Gli Ambarvalia erano una serie di riti che si tenevano nell’antica Roma alla fine di maggio per propiziare la fertilità dei campi, celebrati in onore di Cerere. Era organizzata dal sodalizio dei fratelli Arvali per purificare le messi e allontanare i cattivi influssi. Durante queste celebrazioni si sacrificavano un toro, una scrofa ed una pecora che, prima del sacrificio erano condotti in processione tre volte attorno ai campi. Le celebrazioni private, nei villaggi e nelle fattorie fuori Roma, spettavano ai capifamiglia, accompagnati dai figli e dai servi, mentre pubbliche si svolgevano appena fuori città con la partecipazione dei dodici fratres arvales che procedevano alla testa della processione composta dai cittadini di Roma che possedevano terreni e vigneti e in cui si intonavano preghiere rivolte alla dea Cerere.
Le notizie riguardo al rito pubblico degli Ambarvalia sono scarse e frammentarie. Strabone riportò che il rituale doveva svolgersi in una località chiamata Festi, tra il V e il VI miglio della Via Appia che allora coincideva col confine del territorio romano. Non è certo che la festa pubblica degli Ambarvalia esistesse ancora in epoca imperiale; fu infatti probabilmente sostituita da un rituale che i Fratelli Arvali compivano in onore della Dea Dia.
Virgilio e Tibullo invece sono le fonti di riferimento relative ai rituali privati in età imperiale, che consistevano appunto nel sacrificio di una vitella o di una scrofa. Nei menologia rustica, un tipo di calendario romano che forniva specifiche indicazioni in campo agricolo, sono spesso citati sacrifici come quello appena descritto, compiuti dai proprietari delle terre o dalle comunità locali, che non avvenivano in una data fissa.
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