Il “beccarsi”, un modo alternativo al classico “incontrarsi”
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Negli ultimi anni è tornata a spopolare fra i giovani un’antica moda: la barba! Sapete quale fu l’imperatore che la lanciò a Roma, derivandola dalla Grecia?
Va bene, già anni prima dell’impero romano, in particolare presso alcune popolazioni come gli antichi greci, si usava portare la barba. Non era soltanto un’evenienza maschile dell’età adulta, ma un vero e proprio simbolo di sapienza, di potere e di virilità. Non a caso, molti filosofi l’avevano lunga e folta a simboleggiare erudizione e conoscenza (Socrate era ad esempio definito barbatus magister). Più tardi, con l’influenza della cultura greca la moda si estese anche a Roma, dove assunse una notevole importanza. Così, ripresa soprattutto dall’Imperatore Adriano, pare per nascondere un difetto al mento, forse una brutta cicatrice, e anche perché amante della cultura classica,
(Fonte: Wikipedia)
e dai suoi successori, l’usanza prese piede, cadendo in disuso (non per i legionari che potevano non sbarbarsi, visti i lunghi periodi in guerra o fuori dalla città) soltanto con l’avvento di Costantino, con eccezione di Giuliano l’Apostata che tornò a portarla lunga, per via del suo progetto di restaurazione degli antichi ideali. Nel V secolo d.C. poi cominciarono a preferirsi i baffi ma, come una di quelle mode che continuano a tornare, in quello successivo fece di nuovo la sua apparizione la barba, in aggiunta ai capelli lunghi.
A Roma esisteva a tal proposito un vero e proprio rito di iniziazione all’età della maturità e per i giovani uomini era rappresentato proprio dalla depositio barbae, ovvero la prima rasatura. Passaggio dall’adolescenza all’età adulta, questa suggestiva cerimonia assumeva forme diverse, ma per tutti valeva lo stesso principio: il fanciullo (il famoso, tanto ieri quanto oggi, sbarbatello) doveva lasciar crescere la peluria sul viso fino alla comparsa di una più folta barba.
(Fonte: Romano Impero)
Arrivato al punto di doverla tagliare -rientrato di diritto fra quelli che Cicerone definiva juvenes barbatuli – solitamente intorno al ventunesimo anno d’età, la vel lanugo (cioè la prima barba) veniva consacrata a qualche divinità o a qualche antenato e accuratamente deposta in un contenitore che, creato in oro per i più ricchi o in metalli meno preziosi per i più poveri, era indice della posizione sociale del giovanotto protagonista. L’Imperatore Nerone per esempio sembra l’avesse offerta in un vaso d’oro, circondata di perle, al dio Giove Capitolino. Ovviamente, al contrario di oggi nessuno poteva sbarbarsi da solo nell’antica Roma e, sebbene non ci fossero i nostri moderni negozi d’acconciature, esistevano dei veri e propri addetti al mestiere.
Bisogna fare a questo punto due distinzioni, perché mentre le famiglie più abbienti potevano permettersi un tonsor (barbiere) privato, in genere nelle vesti di un servo o di uno schiavo, per i meno agiati l’unica strada percorribile era quella che portava dritti alla tonstrina, una sorta di bottega composta di più aiutanti che, in base alla moda dettata dall’imperatore corrente, si occupavano di sistemare il volto al resto dei cittadini romani.
(Fonte: Pintesrest)
E così il tonsor arricciava barba e capelli, mediante l’uso di uno stilo di ferro surriscaldato, profumava, faceva tinture (utilizzando per i colori sostanze naturali come cenere, camomilla o tuorli d’uovo) e incollava infine finti nei, tenendo fede al gusto estetico dell’epoca. Un pò come nel caso delle antiche tolette, terme o latrine poi, il posto diventava un vero e proprio luogo d’incontro, simil salotto, utile allo scambio di chiacchiere e pettegolezzi – non che oggi sia così diverso eh! -.
Insomma, concludendo gli hipsters non sono certo una trovata moderna, anzi! Secondo il bel noto concetto di corsi e ricorsi storici, deve al passato e alla sua simbologia da “intellettuale” il suo incredibile ritorno.
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