A Fregene il ristorante dove gustare piatti tipici del mondo latino: Casa Carmen
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Con questo caldo non c’è niente di più piacevole che gustare un bel gelato: dolce, rinfrescante e goloso, non manca mai sulle nostre tavole, a fine pasto o a merenda, e piace veramente a tutti perché le combinazioni di sapori possibili sono infinite. Ma sapevate che è da millenni che gli esseri umani apprezzano il sapore di frutta e dolci ghiacciati?
Sembra che già gli antichi Egizi, ben duemila anni prima della nascita di Cristo, preparassero un antenato del gelato: la prima coppa presumibilmente utile a servirlo è stata infatti rinvenuta in una tomba della II dinastia (2.700 a.C.). Si tratta di una sorta di stampo in argento a due scomparti: in uno andava il ghiaccio, nell’altro la frutta. I primi, però, a sfruttare appieno le potenzialità della neve per conservare, raffreddare e preparare i cibi furono i romani: nelle cosiddette neviere, sorta di pozzi profondi scavati nel suolo, venivano riposte grandi quantità di neve e ghiaccio trasportate dai monti vicini così da poterle utilizzare al bisogno.
Plinio il Vecchio tramanda una ricetta che attesta il primato latino sulla produzione del prototipo di gelato: si trattava di una sorta di crema ghiacciata ottenuta dall’impasto di neve tritata con miele, succhi di frutta e pezzi di frutta secca. Anche se senza cono, è davvero impressionante la somiglianza di questo procedimento di preparazione con quello dei “nostri” sorbetti! I raffinati palati dei patrizi avevano a disposizione in pozzi di loro proprietà la neve del monte Terminillo, trasportata fresca, o quella dell’Etna e del Vesuvio, che arrivava via mare. Plinio spiega che il commercio di ghiaccio era molto attivo, e che i gelati non erano esclusivo appannaggio delle classi più abbienti: in punti strategici della viabilità cittadina esistevano infatti i Thermopolia, antenati dei carretti dei gelati che dissetavano i viandanti con bevande gelate aromatizzate con frutta, spezie, noci, pinoli, o miele.
Gli scavi presso il sito di Pompei hanno portato alla luce quelli che sembrano essere stati negozi in cui, in età imperiale, si vendeva ghiaccio proveniente dal Vesuvio tritato e addolcito con miele. Anche in Sardegna la ricetta della carapigna, in cui la neve veniva amalgamata a latte di pecora, noci, mandorle e frutta fresca, costituisce un’ulteriore testimonianza della tradizione romana del gelato e di quanto fosse estesa e consolidata entro e fuori i suoi confini. Tuttavia, saranno gli arabi durante il Medioevo a riuscire a congelare i primi succhi di frutta e a diffondere la cultura culinaria di sorbetti e ghiaccioli, mentre contemporaneamente nell’Europa occidentale il gelato finiva nel dimenticatoio.
La dominazione araba della Sicilia durante il Medioevo diede i suoi frutti: diversi secoli più tardi, nel 1686, è a un cuoco siciliano che viene in mente di mettere a punto una vera e propria macchina del gelato. Il suo nome era Francesco Procopio ed è a lui che dobbiamo la ricetta del gelato come lo conosciamo (e mangiamo!) oggi. Presso il suo locale parigino, il Café Procope, si potevano gustare le acque gelate, ovvero quelle che oggi conosciamo come granite, sorbetti e gelati di frutta. L’aggiunta del latte, che rendeva cremosa ogni preparazione, fece fare il vero salto al gelato dello chef siciliano: la sua clientela cresceva a dismisura, annoverando personaggi illustrissimi dell’epoca. Voltaire, George Sand, Balzac, Victor Hugo, Diderot, D’Alembert, De Musset e tanti altri impazzivano per il gelato italiano. L’ascesa di Francesco Procopio raggiunse l’apice quando ricevette da Re Luigi XIV un’esclusiva sulla produzione di granite e gelati. La storia del gelato fino a noi continuò a essere fatta da italiani: il genovese Giovanni Bosio, che aprì la prima gelateria di New York; Giovanni Torre di Bussana, ideatore del cono per il gelato “da passeggio”; anche l’era dei gelati confezionati iniziò grazie all’invenzione di un italiano, il bolognese Otello Cattabriga, che brevettò la prima gelatiera automatica.
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