Questa ricchezza di vocaboli e frasi scurrili deriva, verosimilmente, da una tradizione linguistica nata nella
Roma papalina. In un’epoca in cui, cioè, il popolano rozzo e incolto non faceva caso alle sue modalità d’espressione, utilizzando parole colorite spontanee, e trascurandone le possibili alternative concettuali. In questo senso, parolacce, bestemmie e sconcezze prescindevano dal loro significato letterale, assumendo invece svariati sensi simbolici, diversi dalla mera offesa, accettati e riconosciuti da ognuno. Da questo panorama, piuttosto pratico del verbale, spiega
Zanazzo in “
Tradizioni popolari“, non erano esclusi neanche i ranghi più alti della società, ché
la parolaccia era democratica, e pure nobili e clero parlavano così. A tal proposito, l’aneddoto di
papa Benedetto XIV conosciuto da tutti come “
parolacciaro“.
(Fonte: Parolacce)Per questo motivo, era (ed è) del tutto normale sentire una madre strillare al figlio: “vviè cqua, a fijo de ‘na mignotta!” senza vederla scomporsi più di tanto. L’insulto (o meglio, l’autoinsulto) era un semplice rafforzativo al richiamo, un po’ come l’espressione “ao nun t’ammazza nessuno eh!” oppure “chi nun more se rivede” o ancora “possin’ammazzatte“. Modi di dire normalmente riconosciuti come espressioni di cordialità, più che auguri alla mala salute dell’interlocutore.
Tre consigli per capire se si tratta di un’offesa o no
Infine, lo stesso
Giacchino Belli coniò una coloratissima espressione, storpiando e rimodulando la frase latina
“requie schiatt’in pace!” . Più che augurare a qualcuno di “
schiattare“, ovvero di morire, la locuzione poteva essere utilizzata per mandare qualcuno a quel paese.
(Fonte: Giuseppe Gioacchino Belli 150°)Certo, se non si è romani è un po’ difficile capire, ma ci sono due o tre accortezze da tenere a mente: la prima, la diversa sonorità, il tono di voce, scherzoso o meno, con cui viene pronunciato il vocabolo; la seconda, come suddetto, il contesto in cui viene pronunciato; e la terza l’eventuale mimica facciale o gestuale della frase. Ad esempio, se siete stati particolarmente geniali, furbetti o l’avete scampata in una certa situazione, un vostro amico romano potrebbe dirvi “ah gran paraculo“, senza voler intendere, con ciò, che siete un “imbroglione” (suo significato opposto). Allo stesso modo, potrebbe esclamarvi da lontano, prima di raggiungervi, a mo’ di saluto “ao ah stronzo! Chi s’arivede“!, senza voler dire che lo siete, “stronzo“.