“Po esse”, la frase dei dubbiosi
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“Ma guarda giusto ‘na ‘nticchia, ‘n artro po’, ma proprio ‘na lacrima”: a Roma, le unità di misura le fa il dialetto! Quante ne conoscete? Noi ve ne proponiamo qualcuna…
Per chiunque metta piede a Roma, c’è una regola precisa per farsi capire quando si vuole esprimere la quantità di qualcosa. Dimenticate le classiche unità di misura, studiate alle elementari (vi sblocco un ricordo: i regoli). Riponete pure il metro e date retta a noi, segnateve ‘sta lista, se volete che qualcuno comprenda bene cosa gli state chiedendo. Perché qui è tutta questione di dialetto e di termini che – credeteci – a volte sono davvero più incisivi di qualsiasi altra parola che voglia esprimere una quantità, comunemente utilizzata. Per esempio: se volete un po’ de carbonara, chiaramente volete una parte di quella prelibatezza e tuttavia sapreste definire meglio quel un po’ ? Ecco, i romani saprebbero farlo, perché a Roma ce piace esse’ precisi, soprattutto quando si tratta di carbonara! Aspettate, nun è che precisi significa tirchi eh, che ‘nfatti dividemo alla romana. Significa però fasse capì. Ecco a noi ce piace facce capì. E allora via, ecco una lista che potete utilizzare, per specificare meglio le quantità che volete.
Partiamo con le facili: nun vojo ‘n cazzo, frase apparentemente volgare, ma solitamente utile a dire a qualcuno che proprio non si vuole nulla, anche estendibile in mica ‘na cazzata, cioè mica una cosa di poco conto.
(Fonte: Zerocalcare.it)
Proseguiamo con ‘n po’ deppiù, quando si vuole dire che di quella cosa se ne vuole giusto un altro po’; ‘na stronzata, per dire che ne basta proprio una piccola quantità; ‘na ‘nticchia, che ne serve proprio una quantità quasi millimetrica, ma popo due due e ‘nsacco, per dire che, invece, di quella cosa, ne vogliamo proprio tanta, o per esprimere la “grandezza” esagerata di qualcosa (vedi “è ‘nsacco bello“). Infine, abbiamo er giusto, a riequilibrare la situazione, utilizzabile in caso si voglia chiedere la quantità usuale, giusta appunto, di qualcosa. Arriviamo quindi alle espressioni che qualificano situazioni veramente tanto grosse. In questo caso possiamo utilizzare: ‘na cifra, ‘na fracca, ‘n botto, indifferentemente usate per dire che quella cosa è davvero grande oltre ogni misura. Per esempio, alla domanda “ti è piaciuto questo film?“, il romano può rispondere “na cifra“, per dire che è stato veramente molto, molto, molto bello. Oppure, per dire che qualcuno ha tanti soldi o tanti problemi, può affermare “c’ha ‘na fracca de sordi” o “de problemi“.
Se il nostro intento è quello di dire che un negozio è molto pieno di cose, poi, possiamo dire che nel negozio “c’è ‘na vagonata de robba“, o per dire che una via è molto piena, “c’è ‘na vagonata de gente“, anche traducibile con pipinara (più da spiaggia e mare però);
(Fonte: Roma in rima)
allo stesso modo, per esprimere quanto ci sia piaciuta una cosa, possiamo dire “m’è piaciuta ‘no svario“, cioè mi piace molto. Svario che poi si può declinare in svarione, per dire invece che in quel momento siamo un po’ confusi. In ordine, poi, abbiamo: ‘na slerpa, cioè una quantità non troppo definibile, che si aggira intorno alla metà di qualcosa, forse meno; ‘n tir, per dire che è talmente grossa da ricordare un tir, un camion di grandi dimensioni (il richiamo alle immagini è ‘na finezza der romano, un po’ come “te faccio ‘n…così!” ben mimato con le mani, che devi guardà le braccia, comunque); ‘na mezza fella, sinonimo di mezza piotta (‘na piotta so’ 100 euro) e du’ scudi, espressione – se vogliamo – di natura nostalgica, a ricordo del vecchio Impero romano, in cui si usavano come monete gli scudi, e utilizzata in passato per indicare le 10 lire (uno scudo equivaleva a 5 lire) e, oggi, la banconota da 10 euro, anzi euri.
(Fonte: Wikipedia)
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