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Nell’Antica Roma la fertilità e la protezione del bestiame erano celebrati durante i Lupercalia, che si svolgevano per tre giorni a febbraio, scopriamo le origini di questo culto e in cosa consisteva il rito
I Lupercalia erano una festività dell’antica Roma che si svolgevano dal 13 al 15 febbraio, in onore del dio Fauno come protettore del bestiame ovino e caprino dall’attacco dei lupi. Stando a quanto riporta Dionigi d’Alicarnasso, sarebbero nati per ricordare l’allattamento di Romolo e Remo da parte di una lupa. Plutarco racconta nelle sue Vite parallele che erano celebrati nella grotta chiamata Lupercale, sul Palatino, in cui i fondatori di Roma sarebbero cresciuti proprio con la lupa.
Le origini sono incerte. Stando ai due storici sarebbero stati istituiti da Evandro, recuperando un arcaico rito che consisteva nella corsa degli abitanti del Palatino vestiti con le pelli degli animali sacrificati. I Lupercalia sono stati aboliti dai cristiani. Il papa Gelasio, alla fine del ‘400 critica la partecipazione, seppur sporadica, dei fedeli a questo culto. Aveva comunque ormai un carattere folkloristico, andando perso il suo significato religioso e durò ancora pochi anni.
Stando a quanto riporta Ovidio, ai tempi del primo re di Roma ci sarebbe stato un lungo periodo di sterilità femminile. Per porre fine a questo problema gli abitanti si sarebbero recati in processione fino al sacro bosco di Giunone, ai piedi dell’Esquilino, e in quell’occasione la risposta del dio fu quello di sacrificare un capro, tagliare dalla sua pelle delle strisce con cui colpire la schiena delle donne. In questo modo poi ritornò la fertilità e le donne ricominciarono a partorire dopo qualche mese.
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