Daniele De Rossi, la bandiera della Roma anche in panchina
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Già tempo fa vi avevamo parlato di un altro scienziato, Guglielmo Marconi, che nel 1931, dopo molti anni trascorsi dall’invenzione della radio, riuscì grazie a una trasmissione senza fili, ad accendere le luci del Cristo di Rio de Jaineiro, direttamente da Roma, schiacciando un solo pulsante. Oggi invece vi parliamo di un altro grande scienziato, Enrico Fermi, questa volta romano de Roma, che circa dieci anni dopo condusse un esperimento importantissimo.
Potrà sembrare un’affermazione un po’ forte, quella appena fatta, ma in realtà è proprio così. Enrico Fermi fu uno degli scienziati che rivoluzionò il mondo dell’energia, in special modo quella atomica, grazie ai suoi studi prima in Italia e poi in America. Vincitore del premio Nobel per la Fisica nel 1938 (mica bruscolini), lo scienziato romano, fu il protagonista di quel brillante gruppo di studio che occupava gli edifici e i laboratori dell’allora Regio Istituto di Fisica dell’Università di Roma, sito in via Panisperna. Questa via del centro di roma, vicina al colle del Viminale, diventò il nome con cui ci si riferì a questo brillante gruppo di studiosi, tra i quali si può ricordare Emilio Segré, Edoardo Amaldi, Franco Rasetti, Bruno Pontecorvo e anche Ettore Majorana, sulla cui scomparsa ancora oggi aleggia un alone di mistero. Questi scienziati si occupavano soprattutto di Fisica Nucleare, in quegli anni in grande espansione sia per il suo sfruttamento a scopi pacifici, sia, purtroppo, per il suo utilizzo in campo militare. Nel 1938, subito dopo la vittoria del Nobel, Fermi si trasferì negli Stati Uniti, proprio per continuare i suoi studi e le sue ricerche, che inizialmente cominciarono a New York, per poi proseguirli a Chicago.
Una volta trasferitosi nella città interna degli Stati Uniti, Enrico Fermi venne ingaggiato e lavorò incessantemente giorno e notte, per la realizzazione del Progetto Manhattan. Questa ricerca, purtroppo, portò alla progettazione e alla realizzazione della bomba atomica utilizzata dagli Stati Uniti contro il Giappone il 6 e il 9 agosto del 1945 sulle città di Hiroshima e Nagasaki, causandone praticamente la loro distruzione e la fine del conflitto mondiale in atto. Il 2 dicembre del 1939, data che oggi invece ricordiamo, è proprio il giorno in cui Enrico Fermi insieme alla propria squadra riuscirono per la prima volta a dare vita alla prima reazione nucleare.
Per come siamo abituati noi oggi, pensiamo che questo esperimento fu svolto in un grande e avanzato laboratorio degli Stati Uniti; invece questo piccolo primo reattore nucleare al mondo, venne costruito sotto le tribune di uno stadio abbandonato, l’Alonzo Stagg Field, dell’Università di Chicago! Ebbene sì, la prima reazione atomica a catena realizzata dall’uomo venne svolta sotto le tribune di uno stadio. Il 2 dicembre del 1942 tutto era pronto lì sotto. George Weil, un collaboratore di Fermi azionava l’asta per il controllo, lo stesso scienziato italiano controllava l’attività dei neuroni. Alle 15.25 il tutto si avviò e dopo 28 minuti la reazione venne fermata. Per capire l’avventatezza di questo esperimento, basti pensare che non erano stati previsti né una schermatura contro le radiazioni, né alcun sistema di raffreddamento del reattore, una cosa da far rabbrividire al solo pensiero oggi. Alla fine dell’esperimento una telefonata in codice avvertì il Presidente degli Stati Uniti Roosvelt della riuscita dell’esperimento e la conversazione, si dice, andò così:
– The Italian navigator has just landed in the new world.
– Were the natives friendly?
– Everyone landed safe and happy.ovvero
– Il navigatore italiano è appena sbarcato nel nuovo mondo.
– I nativi erano amichevoli?
– Tutti sono sbarcati salvi e felici.
Oggi quel lembo di terra americano, dove un romano fece l’esperimento che cambiò il mondo dell’energia nucleare è un luogo tutelato e riconosciuto di grande interesse storico, così come un piccolo blocco di grafite di quell’esperimento che ora è conservato nel Museo della Scienza e dell’Industria di Chicago.
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