All’auditorium arrivano due serate accompagnare dalla delicatezza della musica di Luca Barbarossa
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Quante volte a un nostro amico, familiare o conoscente, dopo aver sbagliato strada abbiamo detto See, mo’ famo er giro de Peppe!; oppure quante volte per indicare una cosa impossibile da trovare abbiamo esclamato Mo’ se mettemo a cercà Maria pe’ Roma!; e infine quante volte per fare anche dei complimenti a chi conosciamo non gli abbiamo mandato un Mortacci de Pippo!. Peppe, Maria e Pippo, ma perché questi personaggi?
Come tutti sappiamo, Peppe è il diminutivo di Giuseppe e qual è uno dei Giuseppe più famosi che è stato per qualche tempo anche qui a Roma? No no, non parliamo di Conte, troppo recente per entrare già nei modi di dire! No, un Giuseppe nettamente più famoso, che nella Capitale è anche raffigurato dietro l’altare di una chiesa, uno famoso addirittura in due mondi! Avete capito? Sì proprio lui Giuseppe Garibaldi, colui che salvò la campana del Tasso! Il proverbio infatti nasce da una piccola gaffe che l’eroe risorgimentale italiano ha commesso nei giorni dei funerali dell’allora Re d’italia Vittorio Emanuele II di Savoia. Prima di raccontarvi questo aneddoto c’è da dire però che il modo di dire, così come viene detto oggi, è solo una piccola parte di quello intero che recita: er giro de Peppe, intorno alla Rotonda, appresso alla Reale.
Per chiarire un po’ meglio i termini del modo di dire, a Roma, la Rotonda è il nome con cui viene chiamato il Pantheon mentre la Reale è la carrozza funebre del re che era appena morto. La cerimonia per i funerali del monarca italiano in quel giorno prevedevano che il corteo funebre compisse due giri intorno al Pantheon, prima che la bara venisse tumulata all’interno del monumento, dove ancora oggi si trova.
Garibaldi vedendo il corteo iniziare i suoi giri, avviò il suo cavallo per seguirlo e rendere omaggio al Re, senza accorgersi che invece le autorità come lui, potevano tranquillamente rimanere ferme davanti all’entrata e aspettare che la Carrozza Reale con il corteo compissero i due giri. Da questo piccolo aneddoto dunque è nato il detto, er giro de Peppe, intorno alla Rotonda, appresso alla Reale, che poi accorciandosi è diventato solo er giro de Peppe.
Un altro detto romano molto famoso è andà a cercà Maria pe’ Roma. questo modo di dire nasce proprio nel centro della Capitale e precisamente vicino a Campo de’ Fiori, dove è stato messo al rogo il filosofo Giordano Bruno. Vicino a questa celeberrima piazza, dove una volta era la Fontana della Zuppiera (la cui curiosa storia abbiamo raccontato in un articolo), c’è Piazza del Biscione; tra quest’ultima e via di Grottapinta c’è un passaggio chiamato Passetto del Biscione. Qui possiamo ammirare un affresco della Madonna che ora è stato restaurato e che però rimane abbastanza nascosto agli sguardi dei passanti. Un vero e proprio gioiello al centro di Roma, che però per la sua difficoltà ad esser ammirato ha dato vita al detto cerca Maria pe’ Roma.
Infine, l’ultimo e quasi emblematico detto romano è: mortacci de Pippo. Questa è una delle tante varianti dell’insulto tipicamente capitolino mortacci tua, che effettivamente, solo in alcuni casi, cioè quando si prendono in considerazione gli antenati (mortacci tua e de tu’ nonno) o la nostra parte interiore e immateriale (l’anima de li mejo mortacci tua), può definirsi un improperio. La maggior parte delle volte questo modo di dire può rivelarsi anche un complimento o un’esclamazione di sorpresa e così vale per l’espressione che stiamo vedendo oggi. Mortacci de Pippo infatti, è un modo di dire che cerca un po’ di smorzare la volgarità e la ruvidità di questo motto romano che di base sembra quasi sempre un insulto, volendo apparire come un bonario mannaggia a te; in generale lo si dice rivolgendosi quasi sempre a persone più piccole di noi, cercando appunto di smorzare la sembianza dell’insulto. Chi fosse ‘sto Pippo poi, nun s’è mai saputo, probabilmente è solo un nome di quelli che suonano particolarmente bene!
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