“Il tempo del futurismo”, la mostra che si interroga sul rapporto tra arte e scienza
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Per gli europei, la storia del tabacco ha inizio con la scoperta delle Americhe, nell’ottobre del 1492. La pianta del tabacco era stata scoperta e utilizzata dai nativi della Mesoamerica dell’America meridionale; successivamente sarà introdotto e commerciato, grazie agli spagnoli, anche nel mondo occidentale. Ma se la diffusione del tabacco è così recente, cosa si fumava prima? Scopriamo insieme cosa si era soliti fumare ai tempi di Plinio il Vecchio!
La domanda sorge spontanea a chiunque visiti un museo archeologico: il ritrovamento di utensili, come piccole pipe, può lasciare perplesso il visitatore. Se è ormai noto che furono le popolazioni vichinghe a toccare per prime le coste del continente americano, la pianta del genere Nicotiania e il loro uso ricreativo erano destinati a restare sconosciuti per lungo tempo ai coloni europei. Tanto più agli antichi romani: l’apogeo dell’espansione imperialistica latina si ebbe sotto Traiano, quando, grazie alle conquiste in Oriente e nella Dacia, i confini imperiali raggiunsero la massima estensione storica (circa nel 117 d.C.). Dunque, anche nel momento di massimo splendore, gli antichi romani furono sempre ben lungi dalle Americhe. Questo non deve però trarre in inganno: la pratica del fumare era parecchio diffusa. Semplicemente, non erano foglie essiccate della pianta del tabacco a finire nelle pipe dei cittadini dell’Impero!
Prima, una piccola precisazione storica: le pipe sono un oggetto antichissimo, rinvenuto grazie agli scavi archeologici nell’uso comune di popoli antichissimi. Le pipe più simili a quelle che conosciamo oggi sono però state create dagli amerindi dell’America Centrale; quelle che per comodità chiamiamo pipe somigliano più a dei cilindri cavi o a delle piccole teiere, e furono mutuate da antichi greci e dai romani dalle popolazioni del Vicino Oriente, che vi riponevano hashish o oppio. Lo storico greco Erodoto descrisse gli Sciti come avvezzi a respirare i fumi di foglie bruciate già cinquecento anni prima della nascita di Cristo; i ritrovamenti nell’area dell’attuale Iran hanno permesso di considerare gli Ariani tra i primi consumatori di semi di canapa, di cui aspiravano il fumo passivo attraverso questi piccoli contenitori in terracotta. Così scrive Erodoto: «Si infilano sotto una tenda fatta di coperte e gettano i semi su pietre roventi; i semi bruciano producendo un fumo che nessun bagno a vapore greco potrebbe superare. Gli sciti urlano di gioia…». Andando ancora più a ritroso nel tempo, è certo che i Sumeri usassero l’oppio – da inghiottire o da inalare – in particolari occasioni, forse limitatamente all’ambito cerimoniale e sacro.
Le ripetute migrazioni delle popolazioni nomadi provenienti dall’Asia favorirono la diffusione nel bacino del Mediterraneo di canapa e oppio e degli arnesi che ne permettevano la combustione e l’aspirazione. Lo stesso Plinio il Vecchio, nella sua enciclopedica Naturalis Historia, menziona le proprietà terapeutiche della cannabis e si dilunga sulle altre erbe consumate a Roma: erbe medicinali, come la farfara, o aromatiche, come la salvia. Le proprietà narcotiche e allucinogene di alcune piante velenose faceva sì che divenissero largamente apprezzate e consumate tra i fumatori: lo stramonio era una di queste, nonostante gli effetti estremamente tossici che ha sull’organismo, anche a breve termine. Plutarco aggiunge all’elenco anche l’origano. Stranamente, il vizio del fumo non era appannaggio esclusivo degli uomini, ma pare che anche le donne fumassero: tra gli splendidi affreschi di Ercolano, ve n’è uno che ritrae alcune nobildonne mentre si rilassano e fumano la pipa. Piccola curiosità sulla cannabis: pare che ancor prima che l’Impero vi piantasse la sua bandiera, tra il III e il IV secolo a. C., i popoli che abitavano le isole britanniche coltivassero la canapa e ne aspirassero i fumi di combustione.
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