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A Roma, il Senato è stato, sin dai tempi del mitico fondatore dell’Urbe e fino almeno ai primordi dell’età imperiale, il supremo consiglio dello Stato, costituito, almeno in origine, da persone anziane.
Il termine usato per definire questo fondamentale organo del potere statale e che ancora oggi utilizziamo deriva dalla parola senex, in latino “vecchio, anziano” perché a membri del consesso erano inizialmente ammessi soltanto gli anziani del popolo romano. Secondo la tradizione, fu il primo re di Roma, Romolo, a costituire il Senato: questo nucleo originario dell’assemblea che per lungo tempo fu l’unico organo artefice della politica interna ed estera dell’Urbe contava, secondo quando tramandato, solo cento membri. In età regia, il numero dei senatori era di trecento, ossia un pater per ciascuna delle tre tribù, a loro volta suddivise in trenta curie, lo schema ternario antichissimo in cui era organizzato il territorio dello Stato romano. Durante le prime reggenze, il compito principale assolto dall’assemblea degli anziani padri era quello di eleggere il nuovo sovrano, e di consigliarlo durante il suo periodo di regno: con il tempo le funzioni dei senatori si ampliarono, conquistando anche il potere esecutivo nei periodi di interregno, esercitando il potere legislativo insieme al consesso popolare attraverso i comitia curiata; inoltre, la possibilità di accedere alla carica senatoria venne estesa per volere del re Tarquinio Prisco non più solo ai patrizi e tutti i loro discendenti, appartenenti al Senato romuleo primitivo, ma anche ai cosiddetti conscripti. La nomina a senatore era, all’epoca, a discrezione del re: Lucio Giunio Bruto ne scelse ben trecento, Silla fece salire il numero a seicento membri. Con Giulio Cesare l’assemblea senatoria arrivò a contare oltre novecento membri: fu Augusto, successore di Cesare e primo imperatore, a ripristinare a seicento il numero dei senatori, ossia i capifamiglia delle cento gentes originarie.
Le condizioni per entrare a far parte del Senato prevedevano, inizialmente, di aver esercitato una magistratura: dapprima vi furono ammessi soltanto coloro che erano stati censori, consoli o pretori. In seguito, la lex Ovinia de senatus lectione, promulgata nel 319 a.C., stabilì che fossero i censori a doversi occupare del compito, chiamato lectio senatus, di redigere ogni cinque anni una lista ufficiale dei senatori, integrando i posti vacanti ed espellendo gli indegni. Dunque, almeno fino alla Repubblica, era necessario che l’aspirante politico seguisse il cursus honorum per accedere alla carica di senatore: ogni ufficio che andava a costituire le tappe di questo cammino sequenziale comprendeva sia cariche politiche che militari, aveva un’età minima per l’elezione e un intervallo per poter ottenere la carica successiva. Alcune leggi, che nell’ultimo secolo della Repubblica cominciarono a essere alterate e ignorate, proibivano la candidatura reiterata a particolari uffici pubblici.
Formalmente, il Senato disponeva del solo potere consultivo, ovvero il diritto di essere consultato prima di far passare una legge. Tuttavia, il ruolo del Senato incideva pesantemente nelle questioni di politica tanto interna quanto estera, poiché esprimeva il sentire dell’intero ceto dominante, essendo, di fatto, un’assemblea oligarchica. La sua importanza è intuibile dallo stesso obbligo secondo il quale l’assemblea senatoria poteva essere riunita esclusivamente in luoghi consacrati. La Curia, che si trovava nel foro romano, era il luogo solitamente adibito a ricevere i senatori; le cerimonie per il nuovo anno avvenivano nel tempio di Giove Ottimo Massimo, gli incontri di argomento bellico avvenivano nel tempio di Bellona. Gli ambiti in cui il Senato aveva potere decisionale erano estesissimi, e le loro deliberazioni investivano indirettamente l’intera vita morale, religiosa, militare dei cittadini romani. Dal siglare accordi di pace e trattati, dichiarare la guerra, inviare ambasciatori in politica estera, i senatori potevano discutere e approvare i progetti di legge e promulgare consulti, e persino in ambito giuridico potevano decidere quali reati necessitavano un’inchiesta, e moltissimi tra loro rivestivano il ruolo di giudice nella maggior parte dei processi civili, pubblici o privati. C’era bisogno di un decreto di approvazione rilasciato del Senato anche per autorizzare la fondazione di colonie e templi religiosi, per le spese dell’erario e sorvegliare le legioni.
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