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Non tutti sanno che Romolo, il leggendario figlio della lupa che prevalse sul fratello e fondò l’Urbe, regnò per un breve periodo assieme a un sovrano della vicina regione dei Sabini. Vediamo insieme chi era questo personaggio, sul quale le cronache sono a lungo rimaste oscure.

Non sono a noi noti né la data né il luogo di nascita di Tito Tazio: quel che sappiamo di lui lo dobbiamo all’opera di Tito Livio sulla fondazione di Roma, Ab urbe Condita, dove lo storico latino parla di Tito Tazio definendolo come un Cures Sabini. Sull’identità di Tito Tazio si è a lungo dibattuto, mettendo addirittura in dubbio la sua reale esistenza: personaggio ancora più antico e misterioso di Romolo, mitico primo re di Roma, si è ritenuto che fosse nient’altro che l’eponimo della tribù dei Tities. Altri studiosi hanno ipotizzato, invece, che Tito Tazio sia stato un’ancestrale divinità fondatrice, poi umanizzata dal racconto mitico dei primi anni di Roma. L’unica certezza è, come già detto poco sopra, il poco che ha tramandato di lui Tito Livio: un sovrano curita sabino che fu il coreggente di Roma assieme a Romolo.

Poiché il periodo per il quale regnò su Roma fu piuttosto breve, solo un quinquennio, Tazio non è entrato nel canone cronologico dei sette re di Roma. Nei libri di storia viene dunque ricordato, ma generalmente non è citato come uno dei regnanti dell’Urbe al pari di Romolo e gli altri. Tuttavia, il suo nome resta legato a doppio filo alla stirpe reale grazie al matrimonio della figlia: la primogenita di Tito Tazio, Tazia, andò infatti in sposa a Numa Pompilio, il quale salì al trono di Roma subito dopo Romolo. La collocazione storica è quella del periodo immediatamente successivo alla fondazione di Roma: per la precisione, è a seguito dell’episodio noto come il ratto delle Sabine a fare entrare negli annali di storia latina il re di Cure Tito Tazio. Ma cosa è avvenuto esattamente con il ratto delle Sabine? Facciamo un passo indietro.

Subito dopo aver fondato la città, Romolo accolse i reietti delle città vicine: è così che nacque il primo nucleo di patrizi, i padri (patres) fondatori di Roma. Poiché di questi la maggior parte erano uomini, si andrò a creare uno squilibrio numerico tra i due sessi al quale i romani decisero di rimediare organizzando il rapimento delle mogli dei Sabini. Questi erano infatti confluiti, insieme a mogli e figlie, presso la nuova città in occasione dei giochi in onore di Nettuno orditi da Romolo appositamente per attirare persone. Il ratto delle ragazze scatenò ovviamente una reazione bellicosa e i romani si trovarono a combattere contro tutti i popoli vicini: i Ceninesi, i Crustumesi, gli Antemnati. Il re di Curi nella Sabina si fece notare proprio in questa occasione: secondo quanto narrato da Tito Livio in Ab Urbe Condita, Tito Tazio per vendicare il ratto delle Sabine occupò la rocca del Campidoglio, corrompendo la vestale Tarpea. A interrompere la battaglia fu il gesto supplice e coraggioso delle conterranee di Tazio, le donne sabine già spose ai Romani, che persuasero i contendenti a pattuire la pace. Si stabilì allora che i due popoli si fondessero in uno solo: i Sabini presero dimora sul Quirinale e per i cinque anni successivi Romolo e Tazio governarono su Roma dando vita a una sorta di monarchia collegiale. L’idilliaca reggenza terminò bruscamente con la morte di Tazio: egli si era inimicato il popolo dei Laurenti per via di una sentenza ingiusta, e costoro lo uccisero tendendogli un agguato a Lavinio. Riportato a Roma, il corpo di Tazio fu sepolto sull’Aventino, presso un bosco sacro di alloro.

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