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Quanti di voi ricordano l’episodio del Ratto delle Sabine? Forte della sua grandezza, Roma si accingeva a diventare una super potenza, ma quanta verità c’è nella leggenda?
Come l’opera Il Ratto di Proserpina di Canova, il Ratto delle Sabine, una delle vicende più antiche della storia di Roma, vide protagonista l’universo femminile. Fra mito e realtà, uno degli episodi più controversi di sempre, si svolse in seguito alla fondazione di Roma, e coinvolse, appunto, le donne della Sabina, ricco territorio nella provincia di Rieti poco distante dalla Capitale. Secondo la tradizione, dopo aver fondato Roma, Romolo, il suo primo re, si volse alla ricerca di donne, nelle popolazioni vicine, per procreare e popolare la nuova Urbe. Sebbene la città godesse già di una certa importanza e di un certo dominio, la presenza di giovani ragazze, infatti, risultava particolarmente carente. Roma era in grado di fronteggiare chiunque; la sua stessa origine ne garantiva la futura fortuna, e, tuttavia, nata secondo la leggenda dal connubio di Marte, dio della guerra (di qui, il carattere combattente dei romani), e Rea Silvia, discendente di Enea, vedeva messa a repentaglio la sua continuità. Come fare? Ovviamente, e del tutto prevedibilmente, le popolazioni ai confini di Roma rifiutarono la proposta di inviare le proprie figlie, perciò Romolo fu costretto ad escogitare un malefico piano, basato sull’inganno. L’idea fu quella di organizzare un enorme spettacolo, a richiamo di tutte le genti della regione, per rapirne le fanciulle.

(Fonte: Artribune)
A questo scopo, vennero dunque allestiti i Consualia, giochi solenni dedicati alla divinità del grano, il dio Conso. Con l’obiettivo del rapimento, furono invitati tutti: dai Ceninensi, agli Antemnati, dai Crustumini ai Sabini, stanziati sul vicino colle del Quirinale. Nel bel mezzo dell’evento, al segnale del re, i romani sfoderarono le spade e presero le figlie di quei popoli, lasciandone scappare i padri, al grido di vendetta. Molti sostengono si trattò di trenta donne, altri di oltre trecento, Plutarco addirittura ne contò non meno di ottocento: il dato certo è che il ratto avvenne. Non ci fu mai violenza, a detta di Livio: le donne vennero dichiarate da Romolo libere di scegliere, promettendo loro pieni diritti civili e di proprietà. Egli stesso trovò fra di esse moglie, la bella Ersilia. Questo, tuttavia, non bastò ad impedire gli attacchi che, da parte dei limitrofi, dopo svariate e pacifiche richieste, avvennero massivamente contro Roma. Lo scontro più noto fu quello coi sabini. Forgiati dalle fiamme della rivalsa, i combattenti d’altra sponda si scagliarono sui romani, prima invadendo il Campidoglio, poi impiegandoli in una lunga battaglia sul lago Curzio. Fu in questo istante che, le fanciulle, con slancio coraggioso, si gettarono in mezzo alla folla di sangue, per fermarne il massacro.

(Fonte: TripAdvisor)
Fra storia e leggenda, il Ratto delle Sabine si disegnò nell’immaginario culturale come un incredibile racconto e, molto vicino, nelle motivazioni alla rinomata Guerra di Troia, si fece occasione di numerosi studi, da parte degli storici. Così, da fatto intriso di mistero e di peripezie, talvolta eccessive, si fece portavoce di alcune verità. Secondo gli studiosi, Romolo non voleva soltanto far prosperare Roma, ma in qualche modo mescolarne il sangue ad altre popolazioni. D’altra parte, metodo abbastanza comune per mantenere buoni rapporti e stringere alleanze, era nell’antichità lo sposalizio fra popolazioni nemiche. Non a caso, fra i due territori venne alla fine stipulato un patto, su quella che, da quel momento, diventerà la via Sacra. Prevedendo comunanza di potere e cittadinanza, quindi, il Ratto delle Sabine associò i regni di Romolo e di Tito Tazio. E, se Roma mantenne la predominanza assoluta, i cittadini romani assunsero il nome di Curiti, in onore di Cures, patria nativa del re sabino. Vi interesserà sapere, poi, che proprio dal Ratto derivò l’usanza romana di gridare Talasius, durante le feste di matrimonio, in onore di Talasio, il ragazzo che si aggiudicò la fanciulla più bella, grazie alle grida dei suoi amici, a difesa di chi cercava di prenderla.
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