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A quanto pari i romani amavano l’Horror e a testimoniarlo è lo studioso storico francese Jean-Louis Voisin che, in un recente studio, descrive gli antichi romani come veri e propri “cacciatori di teste”
Uno dei motivi, per cui è interessante studiare la storia antica di un popolo, è venire a conoscenza delle sue bislacche usanze e i romani di pratiche curiose ne avevano veramente a bizzeffe. Ognuno di voi saprà, per esempio, quanto fossero il popolo più pulito dell’antichità; molti conosceranno le famose corate papali di epoca più recente; altri, le divertentissime e sarcastiche pasquinate. Tuttavia, pochi di voi conosceranno il lato più oscuro e, in parte, più crudele del popolo romano: la loro usanza di decapitare il nemico! Esporre le teste degli hostis, in particolare se comandanti o re, era usanza diffusa anticamente. Considerata una forma di vittoria sul nemico, questa consuetudine mortale, sinonimo di forza e supremazia, apparteneva soprattutto ai celtici. Furono i nordici Galli, i promotori di questa macabra tecnica. Come riporta qualche storico antico, essi amavano inchiodare, all’architrave delle proprie case, le teste mozzate dei rivali uccisi in combattimento. Questa funerea abitudine, però, non sfuggì ai romani che, protagonisti dello studio francese al riguardo, portato avanti dall’esperto Jean-Louis Voisin, pare fossero anch’essi avvezzi a questo crudele costume.
Così, da parte dello storico d’Oltralpe, ecco stilata la classifica: una lista di 76 personaggi illustri dell’antichità,uomini o donne, a cui per rivalità fu mozzata la testa. Fra i più celebri episodi, sicuramente: la testa di Cicerone in bella vista sullo scrittoio di Marco Aurelio; e quella di Massenzio, prima sventolata dai soldati romani vittoriosi, poi spedita, dopo la vittoria di Ponte Milvio, da Costantino in Africa, dove il governatore aveva i suoi maggiori sostenitori. Insomma, come nella scena di uno spaventoso film Horror, nessuna pietà! E, d’altra parte, fu proprio una decapitazione, stavolta non al nemico barbaro, ma a quello religioso, a decretare, come vuole la tradizione, la nascita della Chiesa di San Paolo alle Tre Fontane, nel quartiere Ardeatino.
(Fonte: Le vie del Giubileo)
Secondo la leggenda, infatti, il luogo di culto in cui fu edificata, denominato ad aquas salvias, sorgerebbe in conseguenza della spietata morte riservata al santo. Come da racconto, la testa di San Paolo ruzzolando via dal corpo, fece tre rimbalzi e, da ognuno di quelli, nacque una sorgente d’acqua. Le tre fonti, una calda, una tiepida e una fredda, diedero il nome al toponimo delle tre fontane.
(Fonte: Visitare Roma)
Non erano rari, poi, i “viaggi di testa” – no, non che qualcuno uscendo fuori di testa diventasse pazzo – letteralmente “teste spedite lontano da Roma o verso Roma“. A questo proposito, erano state escogitate delle vere e proprie modalità di conservazione delle parti amputate. Preservate nel miele, nella cera o trattenute da bende, le teste potevano essere recapitate un po’ ovunque e a chiunque. Così, la testa di Pompeo venne ricevuta da Giulio Cesare e quella di Brutto, assassino di Cesare a Largo di Torre Argentina, si perse nel mare in tempesta, durante la traversata per Roma. Non era raro, inoltre, l’acquisto di teschi: lo stesso Voisin ricorda la messa in vendita, a caro prezzo, della testa del tribuno Caio Gracco che, per pesare di più, era stata riempita di piombo. Insomma, avere la testa sulle spalle, per un avversario di Roma non era proprio da considerarsi un fatto positivo! Ancor meno nell’ultimo periodo repubblicano, in cui si assistette, pare, ad una moltiplicazione di mandatari, impietosi sicari a sangue freddo, profumatamente pagati!
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