San Callisto, il banchiere truffaldino e minatore che poi divenne Papa | Roma.Com

San Callisto, il banchiere truffaldino e minatore che poi divenne Papa

Come dice er proverbio? Fa’ quel che er prete dice e nun fa’ quel che er prete fa’? Ecco mai detto fu più giusto per la vita di San Callisto, ma anche per molti altri santi della Chiesa Cattolica, che prima di convertirsi hanno vissuto una vita spericolata e peccaminosa, ma scopriamo cosa faceva San Callisto prima di diventare pontefice massimo!

La vita turbolenta di Callisto, quando fu banchiere

Di storie di papi ne abbiamo già scritte alcune, da Silvestro II soprannominato il Papa Mago a Formoso, il pontefice processato dopo che era morto. Oggi parliamo di Callisto che non si sa se sia nato effettivamente nato a Roma, ciò che si sa con certezza è che nella Capitale ci visse e anche attraversando numerose peripezie. Morto nel 222 Callisto visse tra la fine del I secolo e l’inizio del II, in un’epoca in cui le persecuzioni romane contro i cristiani erano ancora molto forti. La sua tradizionale biografia vuole il giovane futuro papa schiavo di un cristiano liberto appartenente alla casa dell’imperatore di nome Carpoforo. Quest’ultimo, affidò parecchio denaro la costituzione di una banca proprio a Callisto, che cominciò ad esercitare la professione e ad accettare anche i risparmi di vedove e cristiani. Forse però l’economia non era il suo forte e infatti a quanto si racconta, andò a gamme all’aria! Spaventato per questo fallimento Callisto cercò di fuggire imbarcandosi a Porto, una località vicino Ostia, ma il suo padrone lo ritrovò subito e per sfuggirgli, il futuro papa si gettò in mare, chi dice per suicidarsi per non essere preso, chi dice per scappare. Sta di fatto che tornò sulla terra ferma e messo a girare la macina dal suo padrone.

Dalla banca alla macina e poi alle miniere in Sardegna…

Impietosito dalle suppliche di coloro che avevano affidato i propri soldi a Callisto, che credevano che questi ancora aveva i loro denari, Carpoforo libera il proprio schiavo, che proprio nun je la fa a stasse bbono. Infatti forse per farsi restituire i soldi o forse per farsi appositamente imprigionare e sfuggire all’ira dei creditori, Callisto entra in una sinagoga disturbando ripetutamente la cerimonia ebraica. Portato davanti al praefectus urbis – colui che al tempo amministrava la città di Roma -, questi lo reputa colpevole e lo condanna alle miniere di metallo in Sardegna.

…e il ritorno a Roma

Dopo qualche anno, grazie a Marcia, concubina di Commodo, i cristiani imprigionati in Sardegna ricevono un’amnistia. Il caso o la sfiga, vuole che Callisto non sia nella lista dei perdonati, ma grazie alle sue supplice riesce ad essere inserito all’ultimo momento, in zona Cesarini, guadagnando così il diritto di tornare nella Capitale. Dopo tutte queste peripezie, Callisto sembra ave’ capito l’antifona e perdonato dai cristiani di Roma, comincia ad acquisire importanza all’interno della comunità. Infatti subito dopo la morte di Papa Vittore, Callisto diventa addirittura diacono e consigliere personale del nuovo pontefice, Zefirino, per poi diventare amministratore del patrimonio ecclesiastico (nse sa co’ quale coraggio) e preposto al cimitero della via Appia – che poi prenderà il suo nome come Catacomba di San Callisto.

Il papato e il martirio

Morto Zefirino, la comunità di Roma elegge come suo nuovo vescovo proprio Callisto! Anvedi te la vita che ribartoni che fa’. L’elezione ovviamente suscita delle polemiche e anche la nomina alternativa di Ippolito di Roma uno fra i primi antipapi della storia della Chiesa. Callisto si dedicò molto ai peccatori e alla misericordia nei loro confronti e d’altronde come poteva fare altro dopo la vita che aveva vissuto? Nel 222 però arriva la morte, probabilmente durante una sollevazione popolare contro i cristiani, causata forse dell’ordine dell’imperatore Alessandro Severo – in realtà molto benevolente nei confronti dei seguaci di questa nuova religione -, di costruire un nuovo tempio cristiano. Callisto, che di della comunità romana era il responsabile fu la principale vittima e prima venne preso a vergate dai rivoltoso per poi essere defenestrato con un sasso legato al collo e infine annegato in un pozzo di Trastevere. Come cantava Vasco Rossi, Voglio una vita spericolata…

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