“Il tempo del futurismo”, la mostra che si interroga sul rapporto tra arte e scienza
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Ormai siamo abituati a stranezze, particolarità e anche bizzarie del mondo che ci circonda e crediamo che nel passato tutto fosse più logico e razionale…Ce piacerebbe! In antichità forse erano pure più matti de noi e a farcelo capire è proprio la storia di Papa Formoso, vissuto nel VII secolo e che fu processato dal suo successore, dopo che egli era morto già da otto mesi!
Lo so che ancora non riuscite a crederci, ma è veramente accaduto! Un Papa, vestito dei suoi paramenti, seduto su un trono, come era solito un fare un Pontefice all’epoca, venne processato! Pare che si appellò alla facoltà di non rispondere…a parte gli scherzi tutto ciò accadde alla fine del IX secolo, nell’anno 897 d.C.. In quell’epoca l’elezione del papa non era solo una cosa tra cardinali, ma una vera battaglia per la spartizione di potere sul territorio della Chiesa. Chi aveva dalla propria parte il Papa, poteva contare su un grande sostegno morale e forza di persuasione sui propri nemici. Tutti questi giochi di potere diventarono palesi con il famoso episodio dello schiaffo di Anagni, subito da Bonifacio VIII da parte della corona francese. Proprio all’interno del concilio che elesse Papa Formoso c’erano diverse fazioni, tra cui quella filo-germanica appoggiata dal Re di quei territori Arnolfo di Carinzia, quella filo-francese e un’altra fazione, inizialmente interna a quella tedesca, che venne a crearsi in seguito all’elezione di Formoso, quella Spoletina, capeggiata da Guido II. Tra questo casato e il Papa, nel corso degli anni vennero a crearsi delle ruggini, tanto che, dopo molti screzi Formoso si decise a chiamare Arnolfo di Carinzia in suo soccorso. La battaglia divampò e la fazione spoletina ebbe la peggio, tanto che il sovrano tedesco, tornò in patria, sebbene molto malato, ma con il titolo di Re d’Italia.
Negli eventi di questa guerra, rimase coinvolto anche Papa Formoso, che dopo essere stato imprigionato a Castel Sant’Angelo, trovò la libertà grazie ad Arnolfo e subito dopò morì avvelenato. A succedergli fu Stefano VI, molto legato alla fazione spoletina, che odiando a morte il suo predecessore, non si fece abbattere dal fatto che egli fosse già morto e lo volle processare! Allora Papa Formoso fu riesumato dalla tomba, rivestito con i suoi paramenti papali, rimesso sul trono e sottoposto a processo. L’accusatore era lo stesso Stefano VI, mentre a difendere il papa defunto era stato chiamato un diacono, molto spaventato dall’occasione! Una piccola immagine di come andò il processo ce la fornisce un grande storico vissuto nel 1800, Ferdinand Gregorovius:
«Il cadavere del papa, strappato alla tomba in cui riposava da otto mesi, fu vestito dei paludamenti pontifici, e deposto sopra un trono nella sala del concilio. L’avvocato di papa Stefano si alzò, si volse verso quella mummia orribile, al cui fianco sedeva un diacono tremante, che doveva fargli da difensore, propose le accuse; e il papa vivente, con furore insano, chiese al morto: “Perché, uomo ambizioso, hai tu usurpato la cattedra apostolica di Roma, tu che eri già vescovo di Porto?”. L’avvocato di Formoso addusse qualcosa in sua difesa, sempre che l’orrore gli abbia permesso di parlare; il cadavere fu riconosciuto colpevole e condannato. Il sinodo sottoscrisse l’atto di deposizione, dannò il papa in eterno e decretò che tutti coloro ai quali egli aveva conferito gli ordini sacerdotali, dovessero essere ordinati di nuovo. I paramenti furono strappati di dosso alla mummia, le recisero le tre dita della mano destra con le quali i Latini sogliono benedire, e con grida barbariche, gettarono il cadavere fuori dall’aula: lo si trascinò per le vie, e, fra le urla della plebaglia, venne gettato nel Tevere.»
Fu così che il Papa fece la fine dei grandi traditori romani, ovvero ucciso, denigrato da tutta la popolazione di Roma e poi buttato nel biondo Tevere. Il suo cadavere però non raggiunse mai il mare in quanto si incagliò in un’insenatura vicino Ostia, tirato su da un monaco suo seguace e sepolto dopo la morte di Stefano VI, nella Basilica di San Pietro.
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