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Una festa in onore di Attis, il bel dio trasformato in un pino

foto di: Immagini prese dal web

Era una lunga cerimonia che iniziava il 15 marzo e che terminava solamente 13 giorni dopo. Il culto di Attis era un momento davvero importante per i romani, grazie al quale si inaugurava poi la primavera.

Una lunga cerimonia

Tutti conosciamo i romani come un grande popolo conquistatore, che nei secoli ha allargato i propri confini in buona parte del globo, rendendo così diversi territori in delle province della Capitale. Diverse popolazioni hanno quindi subito l’influenza della cultura romana ma viceversa è accaduto al popolo di Roma.

Ogni territorio conquistato ha lasciato una piccola parte di sé, che sia una piramide, un obelisco, oppure un’antica tradizione. Basta pensare ad esempio al culto della dea egizia Iside, che anche i romani hanno praticato per diverso tempo perché gli erano affezionati. Oppure alle cerimonie in onore di Attis, una divinità della Frigia che a Roma veniva ricordato a partire dal 15 marzo.

A differenza di molte altre feste infatti il culto di Attis durava ben 13 giorni, ovvero dal 15 al 28 marzo. In ogni giornata si svolgeva un rituale diverso ma ognuno di questi serviva a celebrare la morte e infine la risurrezione di Attis. Il culto di Attis infatti terminava proprio all’inizio della primavera, il momento in cui l’inverno portatore di morte veniva scacciato via per dare spazio al sole.

Un dio trasformato in un pino

Non sono chiare le origini del dio Attis perché sono troppe le leggende che girano intorno al suo nome. Alcuni poeti raccontano ad esempio che il dio era nato da un frutto che era stato poi raccolto dalla figlia di un fiume. La cosa certa però è che Attis era davvero un bel ragazzo e aveva attirato l’attenzione della dea Cibele, che si era innamorata della sua bellezza.

Cibele era quindi intenzionata a conquistare il giovane dio in ogni modo, nonostante Attis pare avesse altri interessi. Per questo motivo infatti la dea aveva trasformato il giovane ragazzo in un albero, probabilmente in un pino.

Era proprio il pino a essere il protagonista di questa cerimonia, che aveva inizio il 15 marzo. In questa giornata si svolgeva infatti una lunga processione di fedeli che portavano con se dei canneti al tempio di Cibele che si trovava sul colle Palatino. Così si concludeva il primo giorno di festa, al quale poi ne seguivano altri 7 di digiuno e astinenza.

Le cerimonie riprendevano infatti il 22 marzo, attraverso una processione che simboleggiava la morte di Attis. Con l’occasione infatti si tagliava un pino e si decorava con dei fiori e degli strumenti musicali. Il tronco poi si avvolgeva con della lana rossa che simboleggiava il sangue. Il tutto veniva infatti portato sul tempio di Cibele, come per celebrare il funerale del dio amato.

La risurrezione e il matrimonio di Attis

L’albero rappresentante il dio rimaneva nel tempio fino al 24 marzo, il giorno del “Sanguem”. In questa giornata infatti i sacerdoti tingevano il pino con del sangue umano, procurato dalle loro ferite. Anche alcuni uomini seguivano il folle gesto dei sacerdoti, oppure ballavano intorno al pino insanguinato.

Successivamente l’albero veniva chiuso nel sotterraneo del tempio fino al 25 marzo, il giorno della risurrezione di Attis e delle “Hilaria”. Tutti festeggiavano questa giornata con i cortei, i canti e infine una grande processione con la statua di Cibele.

Il giorno seguente era invece di riposo ma poi seguiva una cerimonia che però aveva come protagonista Cibele. La sua statua veniva infatti caricata su un grande carro e trasportata fino al fiume Almeno. Veniva poi immersa nel fiume, asciugata e infine riempita di cenere. Solo così era totalmente pura ed era pronta per essere riportata al Palatino.

A chiudere la festa di Attis c’era infine un rituale che si svolgeva il 28 marzo al quale potevano prendere parte solamente alcuni uomini prescelti. Questi rappresentavano il dio Attis e dovevano congiungersi con la dea Cibele.

La festa intera quindi rientrava tra le cerimonie scandalose e proibite dalla Chiesa, per questo motivo nel 389 è stata proibita grazie all’Editto di Teodosio. Oggi quindi di questi rituali resta solamente il ricordo così come del tempio dedicato alla dea della natura.