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Era un rituale davvero macabro che consisteva nel sacrificare alcuni fantocci di paglia che venivano gettati nel fiume. La processione di Algeri era un momento davvero sacro per i romani, che permetteva alle anime di tornare a essere pure.
Marzo è sempre stato un mese importante per gli antichi romani, che decretava la fine ma soprattutto l’inizio di molte cose. Proprio a marzo aveva per esempio inizio il nuovo anno. I romani praticavano infatti uno strano rito per poterlo inaugurare, chiamato “Mamuralia”. A marzo poi iniziava la primavera, che portava con sé il calore del sole e scacciava il freddo invernale. Era quindi un mese durante il quale si celebravano molte feste e rituali, che consistevano soprattutto in balli e banchetti.
Erano quindi delle cerimonie serene, che celebravano la vita a eccezione del 16 e del 17 marzo, che invece erano due giornate dedicate alla morte. Proprio in quei giorni infatti si svolgeva un antico e macabro rituale chiamato “la processione degli Argei” che coinvolgeva i sacerdoti e i magistrati di Roma. Insieme alle Vestali attraversavano ogni rione della Capitale facendo visita a ben 27 piccole cappelle. La cosa inquietante però è che in ogni cappella lasciavano un fantoccio di paglia che aveva le sembianze di un umano e che aveva una testa, delle mani e dei piedi.
La processione degli Argei non sarebbe così macabra se terminasse così, con 27 fantocci inseriti in delle piccole cappelle. Sfortunatamente però l’antico rituale proseguiva durante i primi giorni di maggio con la liberazione dei fantocci dalle cappelle. In queste giornate i sacerdoti prelevavano i pupazzi di paglia dai loro sacelli e li portavano su un ponte. Successivamente gli legavano poi le mani e i piedi e infine li buttavano nel fiume Tevere. Era un rito davvero inquietante quanto misterioso di cui oggi si sono perse le origini.
Non è chiaro infatti chi rappresentino i 27 fantocci annegati, di conseguenza nei secoli sono nate diverse leggende su questi personaggi misteriosi. Ovidio per esempio crede che siano dei compagni di Eracle che dalla Grecia si erano trasferiti nel Lazio. Avevano trascorso tutta la loro vita in Italia e una volta morti, volevano ricongiungersi con la loro Grecia. Avevano quindi chiesto ai loro discendenti di essere gettati nel fiume una volta deceduti. Gli eredi però trovavano il rituale troppo macabro persino a quei tempi, per cui avevano scelto di sacrificare al loro posto dei fantocci.
Un’altra leggenda racconta invece di alcuni principi che si erano trasferiti in un villaggio del Campidoglio. Questi erano molto fedeli agli dei e soprattutto a Giove che chiedeva loro dei sacrifici umani. I principi infatti per accontentarlo gettavano nel fiume il membro più anziano di ogni famiglia, ma prima gli legavano le mani e i piedi, affinché non potessero scappare.
Successivamente però i sacrifici umani erano stati sostituiti dai sacrifici dei fantocci che subivano la stessa sorte di quei poveri anziani che per volere di un dio erano stati gettati nel fiume.
Nonostante fosse una cerimonia davvero inquietante per i romani la processione degli Argei era un evento importante ma soprattutto purificatorio. Era infatti un rituale molto simile al Lemuria, che permetteva alle anime dei defunti di trovare la pace. Quest’ultima era una cerimonia che si svolgeva ogni anno durante il mese di maggio. Pare poi che Romolo ne sia stato l’inventore che cercava di calmare lo spirito del fratello defunto.
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