Il tetto verde acqua di Roma, la Chiesa di Santa Caterina Martire
8 Novembre 2020
Situata nei pressi del Gianicolo, all’interno del parco di Villa Abamelek, la Chiesa di Santa Caterina Martire è un’altra di quelle meraviglie romane ben nascoste e poco conosciute
La Chiesa di Santa Caterina Martire
Nota anche col nome di Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, il luogo di culto ortodosso romano per eccellenza, svetta dagli anni 2000 sull’altura, dal panorama più invidiato della Capitale, del colle Gianicolo. Si trova all’interno del parco di Villa Abamelek, residenza dell’Ambasciatore della Federazione Russa di Roma e, sebbene pochi di voi ne avranno sentito parlare, merita davvero una menzione. Elegante ma imponente, ritrovo per i fedeli cristiani ortodossi, la chiesa è davvero un piccolo gioiello: pinnacoli dorati, tetti verde acqua, architetture neobizantine, archi da sogno e rifiniture di pregio, ad esaltarne la figura. Insomma, una struttura che fa di Roma, ancora una volta, il centro del mondo o, quanto meno, la città in cui, più di tutte, riescano a convivere insieme, armonicamente, gli stili più disparati. Volo diretto per la Russia, senza muovervi di un passo, se mai vi capiterà di andare a vederla, vi sembrerà di ritrovarvi, d’improvviso, dentro uno spicchio di San Pietroburgo.
(Fonte: Paolo Lucciola Photography)
Curiosità sulla Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria
D’altra parte, a volerla, intorno alla fine del 1900, furono proprio i cristiani ortodossi russi trapiantati a Roma: doveva essere costruita una Chiesa ortodossa nel luogo degli apostoli patroni Pietro e Paolo. Solo dopo la benedizione dell’allora Patriarca di Mosca, e di tutta la Russia, Alessio II, su progetto di Andrej Obolenskij, si avviarono i lavori, a ridosso di San Pietro. Oggi, il suggestivo angolo russo di Roma, vi permetterà di ammirare dal vivo i fini mosaici bizantini degli ingressi, le raffigurazioni iconiche delle pareti interne e i suoi bellissimi dipinti. Una vera chicca, per chi ama scoprire le diverse culture, incastonate ad arte, nella città eterna. E senza la fatica der volo, der check-in, dell’ansia pre-partenza e delle valigie sballate rispetto al meteo effettivo. A pochi passi da casa, dentro il GRA, cambiando solo il cap, potrete assaporare il gusto di una tradizione diversa rispetto alla vostra, sapendo di avere – comunque – il cupolone a portata di mano!
L’utilizzo dell’oro nell’arte bizantina
Ovviamente, questa non è l’unica presenza romana di arte bizantina: la Capitale può vantare numerose opere in merito, tra le quali, non ultima, la Chiesa di Santa Prassede, poco distante dalla Stazione Termini. Tuttavia, inaugurata nel 2009, la Chiesa di Santa Caterina è l’esempio più recente di quella spettacolare corrente artistica, e in una posizione del tutto diversa. Perché a fare da sfondo al verde acqua delle sue punte, tutt’intorno è la natura incontaminata del parco. Ma vi siete mai chiesti perché i bizantini amavano utilizzare l’oro? Giallo come il sole, indubbiamente simbolo di ricchezza e di luce, quel particolare colore simboleggiava il richiamo alla divinità, perciò impreziosire con l’oro era sinonimo di sacralità, di importanza. Per comprendere la verità ultraterrena, per abbracciare lo spirituale, era necessario esibire la luce della presenza divina e quale materiale migliore se non l’oro? Solo questo l’utilizzo di questo metallo prezioso era in grado di mostrare l’eternità e la grandezza del soprannaturale.
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