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Fulminacci stasera a Sanremo, «Santa Marinella? Un'altra parte della mia personalità»

foto di: Filiberto Signorello

Fulminacci, giovane cantautore romano, classe ’97 e classe da vendere calcherà stasera, per la prima volta, il palco dell’Ariston. Da quel lontano aprile 2019, in cui presentava il suo primo album, “La vita veramente”, a largo Venue, ne ha fatta di strada il 23enne! E dopo l’ambitissima Targa Tenco, sempre nel 2019, e il premio Giovani Mei – Exitwell come miglior giovane indipendente dell’anno, a cui si aggiunge il premio PIVI – Miglior Videoclip Indipendente dell’anno – per il brano “La vita Veramente”, tra poche ore si presenterà nel tempio della musica italiana. Noi l’abbiamo intervistato per voi, cosa ci avrà raccontato?  

Ciao Filippo, stasera ti esibirai, come stai vivendo questa nuova avventura Sanremese?

«Tutto bene. È davvero emozionante, non riesco bene a capacitarmi. Per fortuna, sono pieno di impegni e ho una tabella di marcia molto fitta, per cui non ho il tempo di preoccuparmi troppo. All’improvviso, mi troverò sul palco»

Una settimana fa, in un’intervista radiofonica, dicevi di non trovare le parole, le hai trovate?

«Le parole, secondo me, non si trovano mai. Vorrei solamente riuscire a ricordarmi tutto questo, a vivere davvero tutto questo al 100%, perché in queste situazioni si rischia di andare un po’ col pilota automatico per colpa dell’emozione, e io invece vorrei tenere fede a me stesso»

Fa davvero così paura salire sul palco dell’Ariston?

«Si, fa molta paura perché è un luogo storico. Dire che non fa paura è dire per forza una bugia»

Come è per un artista e per te, in particolare, che vivi quest’esperienza per la prima volta, affrontare Sanremo in questa veste nuova, senza pubblico?

«È una situazione storica che verrà ricordata. È come se fosse un po’ un Sanremo dopo la guerra: così lo immagino. È un’edizione che verrà ricordata per questa ragione, non solo per la musica. A questo, devo aggiungere che io non so com’era prima, per me Sanremo è così. Scoprirò com’era solo se lo rifarò senza Covid»

Possiamo dire che da La vita Veramente, passando per Le ruote e i motori, Canguro e, infine, Un fatto tuo personale ci sia stata un evoluzione di sonorità, un cambio di sound. Santa Marinella si inserirà in questa scia di cambiamento, oppure no?

«Il mio pezzo, Santa Marinella, assolutamente no. Non è il seguito di Un fatto tuo personale, per intenderci. È una canzone diversa che rappresenta un’altra parte della mia personalità, e del mio gusto musicale, quindi non vedo l’ora di scoprire quale parte di me il pubblico preferirà»

Hai di recente affermato che avresti voluto scrivere Poeti per l’estate di Francesco De Gregori. Se invece dovessi scegliere un brano sanremese del passato, oltre alla cover Penso positivo che porterai domani sera sul palco insieme a Roy Paci e Lundini, cosa sceglieresti?

«Probabilmente, Almeno tu nell’universo»

Nel 2019 presentavi, per la prima volta, il tuo album La vita veramente a Largo Venue, oggi sei a Sanremo. Come vivi questo enorme successo? Come una responsabilità?

«In qualche modo si, però lo vivo anche come una grande benedizione. In un periodo come questo, in cui la vita sta andando male a molte persone, io ho l’opportunità di vivere grandi soddisfazioni e devo godermele. Ora più che mai ho la responsabilità di vivere e godere di tutto quello che mi capita, perché so quanto sono fortunato»

Santa Marinella si riferisce ad un fatto realmente accaduto, quanto contano le tue esperienze personali nei testi che scrivi?

«Per quanto riguarda Santa Marinella parla della storia d’amore vissuta da un mio amico che io ho ascoltato per molto tempo, tramite i suoi racconti. Un giorno mi sono messo lì e mi è venuto naturale scriverla di getto. In qualche modo, mi sono impadronito della storia vissuta da un’altra persona: è partito come un esercizio, ma poi è diventato qualcosa di estremamente emozionante. E tutte le emozioni che ci ho messo dentro, ora, sono anche le mie»

Il 12 marzo uscirà il tuo secondo album, Tante care cose, cosa dobbiamo aspettarci? C’è un topic principale fra le tracce?

«Per quanto riguarda l’album, ci sono dieci tracce e saranno tutte diverse fra loro, più o meno. Il filo conduttore, probabilmente, sarò solo io, cioè sarà il fatto di averle scritte io. Anche qui, sarò curioso di sapere quali parti di me il pubblico preferirà. In generale è il secondo disco per cui comunque è un disco rischioso, per alcuni, e io sono curioso di capire l’effetto che farà. Sono soddisfatto, però»

Mixi spesso la musica alle arti visive, penso all’uso dei software e dei tools delle tue copertine e dei tuoi video musicali. Una ricerca estetica che definirei di pari passo a quella musicale, perché lo fai? Cosa vuoi comunicare?

«L’obiettivo, e finora credo di esserci riuscito con la mia squadra, è quello di consegnare al pubblico una verità. Il progetto di base deve essere qualcosa di vero, qualcosa che viene percepito come reale: solo in questo modo può essere premiato. Quindi è necessario trovare anche dal punto di vista grafico ed estetico (visuale) un’identità che abbia una sua personalità e che combaci con me. In questo, devo ammettere di lavorare con una squadra davvero seria, di persone che mi capiscono, e che io capisco. C’è un bel dialogo»

Sicuramente hai una maturità musicale particolarmente spiccata, per la tua età. Motivo per cui molti ti definiscono vecchio e giovane, allo stesso tempo. Tu come ti definiresti? Chi è Fulminacci?

«Io mi definirei semplicemente una persona che ha 23 anni. Ho quest’età, me la sento tutta e faccio canzoni che mi piacciono. Basta, tutto qui. Non credo che inserire all’interno di categorie serva a qualcosa. In generale, non è mai servito a nessuno. Credo che serva più che altro per raccontare storie e lo capisco, ma a me sta bene essere chiamato in qualunque modo»

C’è qualche artista con cui ti piacerebbe collaborare in futuro?

«Ce ne sono talmente tanti. Ora non me ne viene in mente specificatamente qualcuno, ma c’è una scena artistica molto bella oggi a Roma, e non solo: l’Italia sta vivendo un momento molto florido, a livello musicale»

Parliamo della tua città, Roma, quanto credi conti, in quello che fai, essere nato a Roma, quindi all’interno di un patrimonio artistico e culturale non indifferente?

«Penso sia fondamentale, ma allo stesso tempo non ne so il motivo. Non so come sarebbe andata se fossi nato in un’altra città. Magari, ognuno di noi ha semplicemente bisogno della propria città per scrivere. Se per me non fosse stata Roma, forse le mie canzoni sarebbero state simili. È anche vero però che chi non è di Roma nota spesso delle cose, nei testi, che io non noto e che, secondo loro, connotano tantissimo la mia romanità. Ad esempio, vivere a Roma vuol dire sapere che si può andare al mare in venti minuti, e tante altre cose che, per uno che non è di Roma, non sono banali»

Domanda politicamente scorretta, forse. Chi ti è piaciuto ieri sera?

«Mi sono piaciuti molto i Coma Cose»