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Oltre 3000 pellicole, di cui 51 vincitrici di Oscar; 400.000 mq di spazio, per dar forma alla propria creatività, e 100.000 mq di backlot con quattro set permanenti: se siamo riusciti a scrivere qualunque tipo di storia, è stato possibile grazie Cinecittà, luogo di Roma in cui davvero ogni cosa diventa possibile!
Quartiere Appio latino, nel 1935 un incendio distrugge due dei tre teatri di posa permanenti, utilizzati per la produzione della maggior parte delle pellicole italiane. Il direttore generale per la cinematografia, Luigi Freddi, non si perde d’animo e convince l’investitore Roncoroni, che appena un anno prima aveva rilevato il ramo produzione della società, a ricostruire una nuova struttura. L’intento è ambizioso: il nuovo polo, tecnologico e moderno, deve essere dotato di studi ben più vasti e avanzati e, anche nel nome, dovrà evidenziare questo cambio di rotta.

(Fonte: Cinecittastudios.it)
Nell’aprile del 1937, in un’area di quasi 59 ettari sulla via Tuscolana, attigua alla borgata del Quadraro, più lontana dal centro rispetto ai primi edifici, l’architetto Peressutti da’ vita agli studi di Cinecittà. Le dimensioni sono talmente imponenti da accaparrarsi il primato italiano. Si tratta di 73 edifici, di cui 14 teatri di posa, distribuito su appena 14, dei 59 ettari: gli altri 45 rimarranno momentaneamente inutilizzati, in attesa di future espansioni. Alle attrezzature della Cines, scampate all’incendio, si aggiunge l’acquisto delle strumentazioni più recenti sul mercato. Cinecittà è appena nata, ma già possiede i maggior impianti di avanguardia tecnica del mondo e fa invidia alla compagna oltreoceano.
Nel 1939 Cinecittà diventa il più importante centro cinematografico europeo, passa definitivamente nelle mani dello Stato e ufficializza il suo ruolo di madre di qualsivoglia pellicola italiana. Con il trasferimento della sede del Centro sperimentale di cinematografia al suo interno, inoltre, i processi di creazione, lavorazione ed elaborazione dei film vengono ulteriormente incrementati, contribuendo a dare maggiore unità, concreta e fisica, al gruppo cinematografico. Non sono solo gli strumenti innovativi il punto di forza di Cinecittà, ma una sua trovata particolarmente avveduta. Cinecittà risponde ad una situazione contingente che tutt’attorno gli si sta profilando, invertendo ancora una volta i tempi. Stavolta non guarda avanti, ma guarda indietro. Come Hollywood investe sì nella forza lavoro, ma lo fa travasando nel cinema un ambito, vanto del nostro Paese, che sta via via scomparendo: l’artigianalità delle botteghe.

(Fonte: ShotOnWhat?)
A maggior ragione, quando quest’opportunità gli viene offerta dallo stesso periodo storico. I gravi danni inflitti a Roma – non ultimo lo smembramento del centro storico -, dalla guerra degli anni precedenti, obbligano migliaia di esperti artigiani a lasciare i rioni centrali e a trasferirsi nelle borgate di periferia, per cercare una nuova occupazione. Questo loro sradicamento permette a Cinecittà di avere a disposizione, a pochi passi da sé, le mani più preziose e abili di Roma. Ancora una volta, dalle ceneri, come una meravigliosa fenice, Cinecittà trae la sua forza.
Negli anni ’50 e ’60 Cinecittà comincia ad essere percepita come una vera e propria fabbrica di sogni, in cui tutto è possibile. Ed è in questa meravigliosa epoca di swing, blues e rock’n’roll che nasce il mito di Cinecittà, tra le note di Franck Sinatra e il rombo sfrecciante di vespe e lambrette, per le strade di Roma. La Hollywood sul Tevere la chiama qualcuno e non ha tutti i torti, perché nel pieno dei ’50 qui si girano film come Quo vadis? di Mervyn LeRoy e Ben Hur di William Wyler, film del genere «peplum», soprannominati “sandaloni” dagli addetti ai lavori. Ma anche film di stampo neorealista, già sul finire dei ’40, come Ladri di biciclette di Vittorio de Sica o Roma città aperta di Rossellini. E poi più tardi Bellissima di Luchino Visconti, La Dolce Vita di Federico Fellini, ancora il suo visionario 8 1/2, e la trilogia dell’incomunicabilità di Antonioni. Cinecittà diventa presto «il posto ideale, il vuoto cosmico prima del big bang», come amava definirla Fellini, dallo Studio 5. Un regno che ha saputo ospitare, fra gli altri, Francis Ford Coppola con il suo Padrino e più recentemente Martin Scorsese col suo Gangs of New York.

(Fonte: Zingarate)
Oggi, l’eredità di Cinecittà, di proprietà di Cinecittà Luce Spa società pubblica interamente detenuta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e Cinecittà Studios a maggioranza privata presieduta da Luigi Abete, dispiegata sugli oltre 40 ettari, continua a nutrire l’immaginario di ognuno, a far sognare sul grande schermo intere generazioni. Perciò, soprattutto in un momento storico come questo, che vede colpiti settori come quelli del teatro, del cinema e dell’arte in generale, vale la pena visitare le sue quattro mostre (Girando a Cinecittà, Backstage, il Sottomarino S-33 e Felliniana – Ferretti sogna Fellini) e i suoi enormi tre set permanenti, aperti al pubblico tutti i giorni con l’ausilio di guide specializzate. Il set Antica Roma, costruito per la serie tv della HBO Rome, un modo nuovo di visitare gli antichi fasti di Roma su un’estensione di quattro ettari; Il Tempio di Gerusalemme, realizzato da Francesco Frigeri, già scenografo in The passion di Mel Gibson, per il film The young Messiah del 2016 diretto da Cyrus Nowrasteh; e il set Firenze 1400, disegnato dallo scenografo Marco Dentici, nel 2002 per le riprese della serie Francesco di Michele Soavi, e protagonista di Amici miei – Come tutto ebbe inizio di Neri Parenti, prequel del famoso Amici miei di Mario Monicelli; ma anche famoso balcone di Romeo and Juliet di Carlo Carlei. Infine, tra gli ultimi film internazionali girati a Cinecittà, Nine di Rob Marshall e Mission Impossible 3 con Tom Cruise.

(Fonte: Cinecittastudios.it)
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