“Poemi di Terra Nera” è la mostra che parla al cuore e alla materia
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Ve credevate che con la ’befana ve la sfangavate con le feste e finivate così con le abbuffate e invece no, se sei un romano vero, di quelli nati a Roma da generazioni e generazioni, allora rimetterai i piedi sotto ar tavolino per festeggiare il Septimontium!
«Septimontio ut ait Antistius Labeo (Marco Antistio Labeone) hisce montibus feriae: Palatio cui sacrificium quod fit Palatuar dicitur; Veliae cui item sacrificium; Fagutali, Suburae, Cermalo, Oppio, Caelio monti, Cispio monti.»
Così Sesto Pompeo Festo descrive il Septimontium, nella sua opera De verborum significatu, un’enciclopedia ante litteram (oggi annamo avanti a latino, ma d’artronde se non lo famo noi de Roma.com, chi lo dovrebbe fa?) in cui lo scrittore latino descrive usi e costumi e non solo della società romana. Venti volumi, uno dedicato ad ogni lettera dell’alfabeto, di cui oggi ci rimangono solo riassunti e piccoli resoconti incompleti, purtroppo. Ma che significa Septimontium? La parola, ovviamente, ha origini latine e ha due possibili origini: la prima, la più diffusa e la più intuitiva, è quella che fa derivare questo termine dall’unione di septem e montes, ovvero sette monti, riportando alla mente gli epici sette colli sui quali la leggenda vuole la fondazione di Roma. La seconda origine del nome invece tende ad unire i due termini saepti e montes, dando origine alla parole che si tradurrebbe con monti divisi. Questo ricorderebbe i primi nuclei fondativi sui sette colli, dalla cui unione in seguito sarebbe nata Roma.
E infatti i primi sette colli che la tradizione riporta, non sono i magnifici sette che poi la storia ha tramandato ma con il termine Septimontium ci si riferisce a:
Più avanti nella storia, Cicerone e Plutarco invece identificheranno i sette colli con quelli che poi passarono alla storia, ovvero
L’11 gennaio dunque, come riporta Sesto Pompeo Festo a Roma si festeggiava l’unione di questi monti che avevano dato origine alla città di Roma. Ma ci sono anche altri eroi che i romani festeggiavano in quest’occasione, gli Argei. Questi figure mitiche, provenienti dalla Grecia infatti erano lodate per aver scacciato da quello che poi diventerà il territorio su cui nascerà Roma, due antichi popoli, i Siculi e i Liguri. I 27 eroi greci, che la leggenda vuole essere giunti nel Lazio al seguito di Ercole, si stanziarono poi tra i colli a sud del Tevere, non facendo di lì a poco ‘na gran bella fine. Si dice infatti che diventarono subito tiranni e gli antenati del popolo romano, già amanti della propria libertà e del proprio territorio, non la presero molto bene, gettandoli dunque nel fiume, come si faceva di solito. L’11 gennaio però Roma li celebrava comunque, ringraziandoli di aver liberato questo territorio e nella città si svolgeva una processione presso i loro sepolcri, sparsi proprio sui sette monti. Tale festività fu istituita dal secondo re di Roma, Numa Pompilio, uomo molto fedele, che si può dire il fondatore della religione a Roma. Anticamente i festeggiamenti erano riservati solo ai Latini, ma poi vennero estesi anche ai Sabini prima e a tutta la popolazione poi. In questa giornata si dovevano visitare almeno 7 sepolcri degli argei, mentre i sacerdoti sacrificavano sette animali per sette volte in sette luoghi differenti. In epoca imperiale infine gli imperatori erano soliti distribuire al popolo di Roma grano, denaro, ma soprattutto focacce e vino, proprio per ricordare gli antichi banchetti arcaici.
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