“Eterno Visionario”: un’opera cinematografica alla scoperta di Pirandello
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Dal latino numisma, a sua volta dal greco nomisma, cioè “moneta”, la numismatica è lo studio scientifico della moneta e della sua storia. Oggi ci occuperemo delle interessanti monete delle civiltà Mediterranee, unificate nell’espansione romana dal conio prevalentemente in oro. Scopriamo insieme quali sono le monete di età romana, repubblicana o imperiale, più ambite dai collezionisti!
Prima di elencare tutte le monete preferite dagli antichi romani per i loro scambi commerciali quotidiani, è bene andare all’origine mitica del nome “moneta”, legato non a un metodo di pagamento, come lo intendiamo oggi, ma a funzioni più nobili e astratte. Roma, 390 a.C.: la minaccia dei Galli, guidati dal condottiero Brenno, si scatena sull’Urbe, in stato di assedio e soggetta a razzie e violenze di ogni tipo. Durante un’incursione gallica, le famose oche del Campidoglio, che venivano allevate nel cortile del tempio intitolato alla dea Giunone, moglie di Giove, poiché animali sacri alla divinità, iniziano a starnazzare all’impazzata spaventate dal caos: così facendo, le oche lanciano involontariamente l’allarme e svegliano Marco Manlio, ex-console che riesce ad avvisare le truppe. Manlio si guadagnò il cognomen di Capitolinus a memoria del suo gesto che permise di sventare l’assalto gallico; e a Giunone, patrona delle sacre oche-sentinelle, venne attribuito da allora in poi l’appellativo di Moneta, dal verbo latino monere, “ammonire, avvertire”, poiché si riteneva fosse stata lei a svegliare le oche affinché dessero il segnale di pericolo. Non a caso, nel 269 a.C., è proprio vicino al tempio di Giunone Moneta e dove ora c’è Santa Maria in Ara Coeli che nasce la Zecca, istituzione che si occupa del conio di quei dischetti di metallo che presto tutti iniziarono a chiamate “monete”, poiché sotto protezione della dea.
Tra quelle prodotte a partire dall’età Repubblicana, le monete più famose che circolavano presso i romani sono circa una decina. Vediamo quali. L’Asse, di poco valore, inizialmente realizzata in bronzo fuso. Con le riforme monetarie di Augusto nel 23 a.C., questa moneta fu coniata in rame e mostrò l’imperatore a testa nuda o con le ali. Corrispondeva al valore di due assi il Dupondio, in ottone. Il Sesterzio è tra le monete più conosciute: valeva due assi e mezzo; sotto Augusto, arrivò a valere quattro assi e a essere in ottone. Le sue grandi dimensioni hanno permesso agli imperatori di imprimervi disegni celebrativi di vittorie e trionfi. Dal III secolo d.C., divenuta una monetina in bronzo, smise di essere coniato. Abbiamo poi il Follis, voluto dall’imperatore Diocleziano, in bronzo e argento, e il suo fratello minore, il Follis ridotto, testimone delle crisi economiche vissute dall’Impero, che dovette ridurne dimensioni e peso. Il Denario era invece una moneta d’argento raffigurante un cesare coronato di alloro; fu emesso per la prima volta intorno al 211 a.C. Caracalla coniò per la prima volta l’Antoniniano, dove è impressa l’effige dell’imperatore con una corona radiata. Abbiamo poi la Siliqua, di cui non si conosce il valore esatto nel sistema monetario romano, e l’Aureo, moneta d’oro standard dell’Impero, coniata sotto Giulio Cesare. Infine, il Solido, moneta d’oro che sopravvisse fino al 1453, anno della caduta dell’Impero Romano d’Oriente, circolando per sette secoli sulle rotte commerciali europee per tramite dei bizantini.
Un piccolo bonus va aggiunto alla lista: l’undicesima posizione è coperta dalle Spintrie, sorta di gettoni in bronzo o ottone. Su una faccia erano rappresentate scene erotiche di vario tipo, sull’altra un numero dall’I al XVI. Si suppone servissero come metodo di pagamento sostitutivo all’interno dei lupanari, o forse che fossero gettoni di un gioco del quale non ci sono pervenute tracce: restano un mistero da svelare per storici e collezionisti.
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