La Fontana della Botticella, il simbolo di un mestiere e di un vecchio porto
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Nella provincia di Viterbo, a pochi passi da Roma, svetta Torre Alfina, uno dei borghi più belli d’Italia, insieme al suo bellissimo castello e il suo rinomato gelato. Scopriamo insieme la storia di questo luogo.
Per la rubrica a mezz’ora da Roma, oggi vi portiamo nella provincia di Viterbo. Non è esattamente a trenta minuti dalla capitale, ma Torre Alfina è un luogo dalla bellezza sorprendente. Per questo, è catalogato da anni come uno dei borghi più belli d’Italia. La storia di questa frazione del comune di Acquapendente è infatti incredibile, tanto quanto la sua nota bellezza.
A stabilire le sorti di questo territorio laziale, un castello medievale, a cui si deve probabilmente il toponimo di Torre, a cui nel tempo si aggiunse Alfina, dal latino ad fines, per la sua collocazione “alla fine“, cioè ai confini dell’altopiano di Orvieto che, anticamente, la dominava; o per distinguerla dalla vicina Torre di San Severo. Oggi, la fortezza e il borgo tutt’intorno rappresentano un vero vanto per quelle zone e una meta che è impossibile perdere, se si fa una capatina da quelle parti. Ma quando nasce il castello e cosa è possibile visitare?
Veniamo a conoscenza, da una cronaca del ‘500, della fondazione di una prima torre, detta “del Cassero” intorno al VIII secolo. Eppure, le prime testimonianze legate a questo castello dalle fattezze fiabesche compaiono nel Duecento. È infatti a partire da questi anni che la storia del castello e del borghetto si intreccia ai Monaldeschi della Cervara.In particolare, a un esponente di questa famiglia, famoso sopratutto come uomo d’armi, che decide di trasformare l’antica struttura fortificata, per scopi difensivi, in un’elegante residenza di campagna.
L’edificio prende allora a modello le opere del Rinascimento, abbellendosi di sculture, architetture curate nei minimi dettagli e decorazioni pittoriche. Nel XVII la proprietà passa, poi, nelle mani della famiglia Bourbon del Monte, a cui rimane fino al 1880. Quando Guido Bourbon decide di venderla al banchiere Anversa Edoardo Cahen che ne affida, in qualità di Marchese di Torre Alfina (nominato così da Umberto I nel 1885), il restauro all’architetto Giuseppe Partini.
Partini realizza quindi nel Palazzo, seguendo le tendenze dell’epoca, un vero e proprio restyling neogotico, rivestendo la struttura in pietra grigia di Bagnoregio, per mitigarne l’aspetto medievale e le stratificazioni rinascimentali. Per le decorazioni e gli affreschi interni, viene designato invece l’artista romano Pietro Ridolfi; mentre i pannelli delle porte sono affidati all’ebanista senese Tito Corsini. Della dimora cinquecentesca dei Monaldeschi rimangono, insomma, solo il cortile e un’ala interna, col suo camino in pietra e un ciclo decorativo a celebrare la vecchia casata.
A Torre Alfina, oltre che per il meraviglioso castello, si arriva però per un prodotto in particolare: il gelato. La gastronomia del borgo si caratterizza di molti piatti tipici, come le pappardelle al cinghiale, è vero, ma se c’è una cosa in cui gli abitanti del luogo si sono specializzati negli anni è proprio la produzione artigianale del gelato. I gelatieri di Torre Alfina richiamano, dalla fine degli anni sessanta, i golosi di tutto il Lazio. Lo fanno utilizzando materie prime eccellenti: le nocciole della Langhe, i pistacchi siciliani, la ricotta romana e, ovviamente, panna e latte sempre freschi.
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