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Quanti di voi ricorderanno di aver letto da bambini la storia de “Er Grillo zoppo”? Certo dobbiamo convenire su un punto: Trilussa non ha bisogno di grandi presentazioni e, se vi va di tornare un po’ indietro, vi proponiamo la storia di uno dei più celebri scrittori romaneschi
Particolarmente noto per le sue composizioni romanesche, Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri, nello pseudonimo anagrammatico di Trilussa (Salustri – Trilussa) nacque a Roma nel 1871 da una famiglia di origini modeste, papà cameriere e mamma sarta. Segnato da un’infanzia travagliata, dovuta alla morte precoce della sorella e del padre, vi incuriosirà sapere che la carriera scolastica di Trilussa, a dispetto della fama che oggi lo precede, non fu brillante, per via della sua negligenza come studente che lo spinse a lasciare presto gli studi formali. Nonostante questo, però, da audace autodidatta amante della poesia popolare, mostrò subito una naturale predisposizione alla scrittura di rime che lo portò, alla tenera età di 16 anni, a chiedere al già celebre Zanazzo, la pubblicazione di un suo primo sonetto d’ispirazione belliana, dal titolo L’invenzione della stampa. I versi, intrisi già allora di una sottile e tagliente ironia, vesti di una critica aspra alla stampa contemporanea, lasciarono il segno: firmato Trilussa, il testo apparve sul Rugantino nello stesso anno, sancendo l’inizio di quella fruttuosa collaborazione col periodico, sul quale il poeta scriverà oltre cinquanta poesie e quarantuno prose! Nato come poeta dialettale, Trilussa riuscì a mescolare il romanesco a termini più italianizzati e se per un verso questo gli valse le critiche di molti colleghi romaneschi, dall’altro diede più ampio respiro alle sue opere, imprimendo alla sua arte la possibilità di portare la cultura romana oltre Roma.
Dall’intuito geniale, Trilussa cominciò a riscuotere il primo grande successo grazie alle Stelle, componimenti lirici, nello specifico madrigali, dedicati alle più belle fanciulle di Roma. Questo lo portò alla pubblicazione della sua prima raccolta di poesie, Stelle de Roma. Versi romaneschi, all’età di soli 18 anni! Caratteristica distintiva di Trilussa era la sua capacità d’osservazione: il poeta esplorava attentamente la vita quotidiana cercando di trarre, da fatti e comportamenti umani, l’essenza più intima delle cose, per farne infine poesie satiriche o canzonate. Anche lui nato a cavallo di quel momento storico ricco d’eventi che furono gli ultimi anni dell’800 e i primi tumultuosi decenni del ‘900, dal linguaggio arguto, condito qua e là di riferimenti poco più borghesi, Trilussa fu uno dei più proficui commentatori di cronaca romana e italiana dall’età Giolittiana, passando per gli anni del fascismo, fino a quelli del dopoguerra. Contro il vuoto fanatismo della politica, la corruzione della società e gli intrallazzi dei potenti devoti alla futile gerarchia classista, spesso paragonandoli ad animali domestici, Trilussa scrisse, mediante il suo stile inconfondibile, numerosi versi dall’umorismo sferzante.
Attivo critico dell’epoca, Trilussa non mancava poi di dedicarsi a tematiche tipiche della nascente corrente crepuscolare italiana descrivendo, fra malinconia e qualche guizzo d’ironia, il dolore degli amori che appassiscono, la solitudine amara della vecchiaia, il senso della vita. Come accade nell’intima e meravigliosa Bolla de Sapone, la poesia, metafora sottile, che Trilussa usa per spiegare l’esistenza che, come una bolla di sapone, nasce per gioco da una goccia e in una goccia, di pianto, termina.
«[…] Son bella, si, ma duro troppo poco.
La vita mia, che nasce per un gioco
come la maggior parte delle cose,
sta chiusa in una goccia. Tutto quanto
finisce in una lacrima di pianto»
Durante gli anni ’20, contemporaneamente all’entrata di Trilussa nell’accademia letteraria dell’ Arcadia, col nome “Tibrindo Plateo” in onore del Belli, che lo aveva usato prima di lui, la Mondatori iniziò la pubblicazione di tutte le sue raccolte. Nel 1950 infine, venti giorni prima di spegnersi, Trilussa fu insignito della carica di senatore a vita dal presidente della repubblica Luigi Einaudi.
Qui sotto, vi lasciamo con una delle poesie più attuali e belle, che scrisse, sulla libertà di pensiero, magistralmente interpretata dall’attrice romana Paola Cortellesi
Er cervo
«Un vecchio Cervo un giorno
sfasciò co’ du’ cornate
le staccionate che ciaveva intorno.
— Giacché me metti la rivoluzzione,
— je disse l’Omo appena se n’accorse —
te tajerò le corna, e allora forse
cambierai d’opinione…
— No, — disse er Cervo — l’opinione resta
perché er pensiero mio rimane quello:
me leverai le corna che ciò in testa,
ma no l’idee che tengo ner cervello»
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