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Erano dei momenti sacri che si svolgevano per due volte all’anno in segno di buon auspicio, ma che finivano sempre per far ubriacare chiunque vi partecipava. Non si poteva però prevedere un finale diverso, dato che il protagonista principale dei Vinalia era comunque il vino.
Si svolgevano ogni anno in occasione delle giornate del 23 aprile e del 19 agosto in un punto del Lazio che oggi corrisponde ai Castelli Romani, ma che secoli fa si chiamava Tusculum. Già a quei tempi questa parte della regione era nota per i suoi vigneti, ma lo era ancor di più per questi rituali, i Vinalia, che avevano come protagonista il vino.
Erano dedicati al dio Giove e per i romani rappresentavano quindi dei momenti solenni, che però terminavano in un modo che oggi può essere definito come tutt’altro che sacro.
Chi partecipava ai Vinalia molto spesso arrivava alla fine dell’evento in uno stato di ebbrezza talmente forte da fargli addirittura perdere i sensi. A volte capitava infatti che per evitare che la gente si ubriacasse troppo, veniva servito loro il vino diluito con dell’acqua, soprattutto alle donne.
Tutto questo accadeva perchè la festa consisteva soprattutto nel gustare il vino ottenuto dalla vendemmia dell’anno precedente e nel buttarlo a terra per offrirlo a Giove come segno di buon auspicio per la successiva raccolta del’uva.
Sembra però che il signore di tutti gli dei, Giove, non fosse la sola divinità a essere venerata nel corso dei Vinalia, ma s’ipotizza che insieme a lui venisse festeggiata anche Venere.
Non sono chiare le ragioni che ne spiegano il motivo, ma ciò è probabilmente dovuto al figlio della dea, Enea, lo stesso che ai suoi tempi aveva inaugurato queste celebrazioni.
Oppure è possibile che Venere, la dea dell’amore, venisse omaggiata nel corso dei Vinalia proprio a causa degli effetti che l’amore ha sulle persone, che sono molto simili a quelli che provoca il vino. Entrambi infatti portano sia alla gioia che alla follia e può essere che proprio per via di questa somiglianza venissero festeggiati insieme.
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