I Lupercalia: l’antica festa romana tra riti e leggenda
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Da sempre il Carnevale viene visto come un momento di divertimento e follia. Un periodo dell’anno che a Roma un tempo si festeggiava con la corsa dei berberi. Ma chi sono i berberi? E perché queste gare non si tengono più?
Da secoli il Carnevale viene visto come un momento importante nell’arco di un anno, durante il quale la libertà ne diventa la protagonista. Ogni cosa in questo periodo dell’anno viene tollerata, persino la più folle.
Fino al 1400 però il Carnevalo non era considerato come una festa pubblica ma la gente trovava comunque il modo di divertirsi e lo faceva nel modo più sfrenato. Basta pensare che per diversi tempo i romani si divertivano a fare la “Ruzzica dei porci”, una gara a cui partecipavano dei maiali. Questi venivano messi su dei carretti che poi venivano rilasciati sul Monte Testaccio.
La gente andava pazza per questo tipo di gioco e ai piedi del monte si contendeva le carni dei poveri maiali, che probabilmente erano deceduti nel mezzo della corsa. Erano quindi dei giochi sanguinari, in cui spesso la gente si faceva male, ma poco importava al popolo e anche al Papa, che qualche secolo dopo ha reso il Carnevale una festa non solo pubblica ma internazionale.
È sotto il pontificato di Papa Paolo II che il Carnevale di Roma è diventato una festa internazionale. In tantissimi venivano da ogni angolo d’Europa per poter assistere alla grande festa ma soprattutto alla “Corsa dei berberi”, che è stata istituita per la prima volta nel 1400.
Quest’ultima era una gara che si faceva con i cavalli berberi, che erano forti, muscolosi ma soprattutto selvaggi. Venivano lasciati correre per le strade della città, in un percorso realizzato lungo la Via del Corso, un tempo detta Via Lata. Partivano da Piazza del Popolo e si fermavano a Piazza Venezia. La fine del tracciato era terminata da una striscia di stoffa e il proprietario del cavallo vincitore otteneva della stoffa pregiata come premio.
Era una gara che attirava l’attenzione di tutti, perfino quella degli artisti e degli intellettuali che sceglievano la Capitale come meta del Grand Tour. Quest’ultimo era un viaggio che veniva fatto in una qualsiasi città europea con lo scopo di arricchire la propria cultura.
Proprio tutti amavano quindi la corsa dei berberi e cercavano di prendersi i posti migliori per poterla vedere. I più nobili e fortunati potevano osservare la gara da alcuni spalti in Piazza del Popolo. I più poveri invece potevano assistere alla gara solamente dal Pincio. Era comunque una gioia vedere una gara del genere.
Per diversi anni i cavalli della corsa dei berberi erano accompagnati da un fantino. Questo però non era un cavaliere qualsiasi ma una persona strampalata, che aveva un aspetto goffo e che rendeva la gara grottesca. I fantini che il pubblico preferiva erano infatti delle persone deformi, che spesso erano messe all’ingrasso per l’occasione. Erano considerati come dei fenomeni da baraccone e per un certo periodo la corsa dei berberi è stata considerata una gara oscena.
Nel 1667 infatti Papa Clemente IX aveva scelto di porre fine alla corsa dei berberi con i fantini e di far gareggiare i cavalli sciolti. Questi venivano istigati con delle palline di pece e impazziti iniziavano a correre lungo il percorso, spesso ferendo anche le persone intorno a loro o addirittura uccidendole.
Proprio per questo motivo infatti le corse nel 1874 sono state eliminate del tutto. Un ragazzo era stato travolto dai cavalli ed era deceduto ed il re era rimasto impressionato dalla vicenda. Aveva così fatto cessare per sempre le corse dei cavalli, nonostante ancora oggi in alcuni paese le corse dei berberi sono ancora praticate.
A Ronciglione per esempio durante il Carnevale si tiene la “corsa a vuoto”, una gara di cavalli senza fantini. Per alcuni è stata però sospesa ma adesso tornerà a tenersi il 20 e 21 agosto 2022.
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