“Tra Sacro e Profano” la pittura di Ulisse Scintu a Palazzo Ruspoli
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Sono tante le tradizioni della Roma papalina oggi scomparse, ma quella di cui parliamo oggi è di certo tra le più curiose e merita di essere ricordata. Seguiamone insieme le tracce per il luoghi della Città Eterna!
Il 26 luglio di ogni anno, in quel periodo storico in cui a Roma “c’ereno più precissioni che preti”, come scrisse il commediografo capitolino Giggi Zanazzo, si teneva una delle manifestazioni religiose più strambe in onore di Sant’Anna, madre della Vergine Maria e patrona delle donne incinte e della quale proprio in quel giorno viene celebrata la festa liturgica. Lo strambo nome di “processione delle panze” era quindi la denominazione con cui il volgo si riferiva ai ventri delle donne in gravidanza che vi prendevano parte. La processione era organizzata dalla Confraternita dei Palafrenieri, oggi Sediari pontifici, cultori di Sant’Anna e gentiluomini laici che si occupavano di adempiere a mansioni di fiducia e incarichi privati per lo Stato della Chiesa e il Santo Padre in persona. Meta della processione era la chiesa di Sant’ Anna dei Palafrenieri, edificata nel 1570 su progetto dell’architetto Jacopo Barozzi da Vignol, i cui lavori furono ultimati però solo nel Settecento proprio grazie all’intervento dell’arciconfraternita dei Palafrenieri; la chiesa, la prima a pianta ellittica della capitale, è oggi una parrocchia che rientra nel territorio di Città del Vaticano.
I partecipanti si riunivano nella piazza della Chiesa di Santa Maria in Portico in Campitelli, dove la processione prendeva avvio. Qui, alle future partorienti veniva data una candelina che, se accesa durante le prime doglie, avrebbe protetto mamma e bambino, facilitando il parto e rendendolo più rapido e sicuro – secondo la superstizione beneaugurale, la donna avrebbe impiegato tanto tempo a dare alla luce suo figlio quanto ce ne voleva alla candela per spegnersi completamente. Avvolte da un mantello che ne nascondeva il viso – per il quale erano anche dette “ammantate” –, le puerpere portavano tra le mani la candela accesa ed erano scortate dalle milizie pontificie. Aprivano la sfilata i membri della Confraternita dei Palafrenieri, a cavallo di mule e con appesi alla sella i copricapi cardinalizi, seguivano i cosiddetti “lanternoni”, personaggi incaricati di portare le grandi lanterne processionali. Il tutto era accompagnato dal suono dei tamburi, suonati da musicisti che procedevano a piedi come le “ammantate”. A chiudere il gruppo, c’erano i Sediari pontifici che portavano a spalla le pesanti statue della Vergine e di sant’Anna, poste su una piattaforma in legno. Oggi, il gruppo scultoreo utilizzato nella festa è conservato nella chiesa di Santa Caterina della Rota ed è accessibili ai visitatori. Quando la lunga fila giungeva su ponte Sant’Angelo, dal cannone di Castel Sant’Angelo veniva sparato un colpo a salve in segno di saluto alla Vergine. La processione seguiva il percorso passando per via del Pellegrino, posta sull’ultimo tratto della via Francigena – percorsa sin dal Medioevo da tutti i pellegrini diretti a San Pietro –, e si arrestava davanti alla chiesa di Sant’Anna.
All’ingresso della chiesa di Chiesa di sant’Anna dei Palafrenieri, dove il percorso della processione di concludeva, si può notare ancora oggi una lapide che sicuramente sarà interessante andare a sbirciare per tutti gli appassionati del film del 1981 di Mario Monicelli, con Alberto Sordi protagonista: la targa marmorea è infatti intitolata alla memoria del marchese Onofrio del Grillo (1714-1781), in quanto appartenente all’arciconfraternita dei Palafrenieri di Sant’Anna. Il marchese ricoprì anche i prestigiosi incarichi di Cavaliere di cappa e spada di Sua Santità, Sediario pontificio e Guardia Nobile, tra le più alte onorificenze concesse ai laici nella Roma papalina di metà Settecento.
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