Lo sono i pavimenti marmorei e gli ornamenti di di alcune chiese romane: si chiama stile cosmatesco, in onore di una delle famiglie di marmorari più importanti di Roma. Chi erano i Cosmati?
I marmorari di Roma
Quando si visita una chiesa romana o qualche bel monumento, poche volte si fa caso al pavimento o al soffitto: si concentra l’attenzione sempre all’altezza dello sguardo. Eppure, la storia dei marmorari romani è una lunga e suggestiva storia fatta di successioni, discendenze e stili. Uno fra tutti, quello cosmatesco. Tutto ebbe inizio con un capostipite, tale Tebaldo Marmorario, colui che per primo ricevette il privilegio di lavorare a stretto contatto col papa, su grandi committenze. Anche il figlio Lorenzo di Tebaldo, come il padre, continuò la scia e così fece pure suo figlio (Iacopo di Lorenzo) e le future generazioni. Fra questi però ce ne fu uno che, più di altri, si distinse per abilità, gusto e arte. Stiamo parlando di Cosma di Jacopo di Lorenzo (si, i nomi completi erano formati dal proprio nome – Cosma – e dalle indicazioni su chi era il genitore – (figlio) di Jacopo, (figlio) di Lorenzo). Fu lui infatti a determinare – in parte – per la particolare strutturazione del marmo, il nome di stile Cosmatesco, visibile ancor oggi in numerosi edifici della Capitale (tanto per citarne alcuni: la Basilica di Santa Maria Maggiore, la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme e Santa Maria in Cosmadin).
Lo stile Cosmatesco, chi erano i Cosmati?
Perché? Cos’ha di così particolare lo stile Cosmatesco? Probabilmente di derivazione bizantina (perciò, spesso, l’aggiunta di particelle dorate), con sicuri accenni classici, si trattava di un’ornamentazione caratteristica che cercava di abbellire pavimenti, tabernacoli e chiostri mediante l’utilizzo di intarsi marmorei policromi incastonati in forme astratte, geometriche e di fantasia.
(Fonte: Closer)
Non solo decorativi, i marmi potevano dar vita a vere e proprie microarchitetture di indicibile bellezza. Fra queste rientravano di diritto, per esempio, i chiostri cosmateschi, di cui sono rintracciabili tuttora eccellenti esempi nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, in quella di San Giovanni in Laterano e nella Basilica dei Santi Quattro Coronati.
(Fonte: Wikiwand)
Via via il termine Cosmati non solo cominciò a qualificare in maniera generica il mestiere dei marmorari, ma arrivò a qualificare qualsiasi composizione marmorea che, seppure non strettamente romana, ne risultava però evidentemente ispirata. A rigore, dunque, la definizione di Cosmati fu una generalizzazione, soprattutto dovuta al fatto che, nelle iscrizioni epigrafiche – nelle firme degli stessi marmorari sulle loro opere – ricorreva spesso il nome di un certo Cosma (anche Cosmas o Cosmatus).
Di quale Cosma si trattava?
Sebbene un Cosma risultava all’appello, come suddetto, dopo molte difficoltà interpretative, da parte di numerosi studiosi (fra cui Camillo Boito, Gregorovius, Gustavo Giovannoni, Giovambattista De Rossi, e altri), tra la seconda metà del XIX secolo e i primi decenni del XX, si riuscì a determinare che tali nomi non si riferivano soltanto ad un artista, ma a due.
(Fonte: Wikipedia)
Appartenenti a due famiglie parallele, ma indipendenti, i due personaggi individuati erano da un lato Cosma di Jacopo di Lorenzo (attestato intorno al 1200), dall’altro Cosma di Pietro Mellini (1264-1279). E, d’altra parte, è grazie ad uno di questi attenti ricercatori che venne coniata la locuzione di cosmati. Bisogna far riferimento infatti a Camillo Boito, a quel suo articolo intitolato Architettura Cosmatesca, pubblicato intorno alla seconda metà di quell’Ottocento tanto caotico per Roma. È in questo scritto che, per la prima volta, un’architetto (e che architetto, assoluto esponente e promotore della Prima Carta Italiana del Restauro!) inventò l’aggettivo cosmatesco in riferimento a quelle peculiari disposizioni di marmo.
Dopo il successo delle mostre precedenti è arrivato a Palazzo Napoleone “Sembra Vivo”, un percorso che mostra delle sculture talmente ben fatte, che fanno dubitare siano fatte di gesso o di marmo perchè […]
Prende vita alla Vaccheria e come una macchina del tempo permette a chi visita le sue “capsule” di viaggiare tra il ventesimo e il ventunesimo secolo, per scoprire come l’arte e soprattutto la […]
La Villa Adriana a Tivoli è la location che ospita la mostra Antinoo disparu: memorie di un desiderio, allestita in occasione del centennale dalla morte di Marcel Proust Memorie di un desiderio, il progetto […]
È un viaggio nella storia dell’antica Roma e uno straordinario percorso che espone delle opere che nessuno hai mai visto prima d’ora. Dei tesori secolari che in queste settimane vengono mostrati in uno […]
Settembre nell’Antica Roma era il mese dedicato ai Ludi Magni, giochi pubblici dedicati a Giove che consistevano in tragedie teatrali, spettacoli danzanti, una processione con un ricco banchetto e gare di atleti I […]
Il Museo Carlo Bilotti di Roma ospita la mostra Ritratte. Donne di arte e di scienza, che si pone l’obiettivo di contrastare gli stereotipi di genere ed esaltare la determinazione e la competenza […]