“Guerra e Pace”: il capolavoro di Tolstoj prende vita al Teatro Argentina
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“Ahò ma do’ stai? Ahò ma che famo?”. Tre lettere, per chi non ama la”h di hotel”, due: Ahò, tutto a Roma comincia con un bel ahò, ma perché? Come nasce questo tipico modo di dire romano?
Si usa per chiamare qualcuno, per attirare l’attenzione, per apostrofare un amico: l’ahò a Roma non è solo un’interiezione – grammaticalmente parlando, una parte del discorso esclamativa con valore fortemente affettivo, d’origine onomatopeica, acquisita per lo più nell’uso comune o l’impiego continuato -, l’ahò a Roma è un’istituzione, esagerando uno stile di vita. Ma come nasce questo curioso modo di dire? Insomma, perché il romano s’è svejato ‘na vorta e ha cominciato a strillà: “ahò”? Dovete sapere che, dietro queste tre lettere, ormai entrate di diritto nella top 3 delle parole più utilizzate del vocabolario romano, si nasconde, come per ogni altra questione romana, una storia dal sapore antico. Insomma, l’ahò, meglio noto anche come AO e antenato der più fighetto “oi“, tutt’altro che frutto del caso, comincia a mettere radici profonde in un determinato momento storico, e per specifiche ragioni. Diciamo fin da subito che non lo inventarono gli antichi romani – almeno questo -; la sua origine può considerarsi, in realtà, piuttosto recente. Dobbiamo tornare indietro di poco meno di due secoli, a quando cioè i francesi arrivarono a Roma…
Nel 1849, un anno dopo i famosi moti del ’48 e il subbuglio che causarono, un esercito d’oltralpe, infatti, entrò in città, a difesa del potere dello Stato pontificio A Milano, intanto, era scoppiata la prima guerra d’Indipendenza italiana contro l’impero austriaco, che da un po’ controllava quei territori, e al Vaticano papa Pio IX era fuggito, per raggiungere Gaeta, nel Regno delle Due Sicilie (dove rimase in esilio, tra l’altro, per diciassette lunghissimi mesi), e chiudersi nella sua fortezza blindata. In altre parole, nello stesso periodo in cui a Roma si proclamava la Repubblica e Ciceruacchio s’armava per difendere “er paese suo“, un esercito di franzosi cominciò ad assediare quella che sarebbe diventata di lì a qualche anno la futura capitale del Regno d’Italia.
(Fonte: Wikipedia)
Dovete immaginare che, all’epoca, tra i vari intrighi di palazzo, abbondavano le parentele. Il papa non era solo il supremo padre della fede cattolica, tanto cara alla vicina Francia, ma era pure mezzo parente di alcune personalità di spicco dell’ambiente – e se non lui, chi? -.
Ahò ma quindi che successe?
Arrivamo al punto. Pe’ falla corta e pe’ falla breve, allora, ‘sti oltre 40.000 soldati franzosi amavano strillare tra di loro, a mo’ d’incoraggiamento, un particolare verbo. Diventato un motto per loro, questa esortazione nasceva dal termine francese aller, ovvero “andare“. Ora, declinato alla prima persona plurale (daje è semplice: intendiamo il pronome “noi“), per incoraggiarsi fra loro, i francesi si gridavano continuamente: “allons allons”, pe’ noialtri “annamo annamo”. Il punto è che, come si diceva, il papa restò fuori Roma per tanto tempo, lo stesso che i francesi (più o meno, e al contrario) vi passarono all’interno. Così, questo loro modo di dire cominciò a farsi largo tra le fila del popolo romano. Poi, lo sapete: a noi ce piace fa nostra ogni cosa, e ancor di più mozzà i termini. Quelle parole, quindi, subirono un vero e proprio restyling, condensandosi, stringendosi, accorciandosi – pe’ fa prima ‘nsomma che mica c’avemo tempo da’ perde’! – e diventarono il nostro bellissimo, nonché tipico “ahò“. In sostanza, i franzosi nun ce lasciarono solo le palle de cannone!
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