Una festa in onore della regina della tavola: la pizza
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Artro che cacio co’ le pere, qui la prelibatezza che si gusta nel mese di maggio, è fave e pecorino! Il grande incontro tra il formaggio tipico romano e il seme della pianta è forse uno tra i tanti matrimoni perfetti nella cucina.
Le fave nella storia non hanno sempre goduto di un’ottima reputazione; per i nostri cugini greci infatti, che per molti aspetti sono stati i padri della cultura occidentale, le fave erano simbolo di morte. Poracci, non hanno saputo cosa se so’ persi! I motivi per cui nella penisola ellenica questo frutto veniva considerato simbolo di morte, sono diversi: il primo è che quando la pianta delle fave fiorisce dà vita a un bellissimo fiore bianco con delle macchioline nere; quest’ultime hanno una forma che ricorda una “t” o un tau, lettera con cui nel dizionario greco cominciava la parola Tanathos ovvero Morte. Il secondo motivo invece era legato al mito di Cerere, divinità della terra e madre di Proserpina; secondo il racconto infatti questa dea avrebbe donato a una città greca della regione dell’Arcadia, ogni tipo di seme tranne quelli di fave, per cui i greci se so’ detti, ce sarà ‘n motivo, no? Ma se fossimo nati nell’antica Grecia e non fossimo ancora convinti di queste spiegazioni, Pitagora ci avrebbe fornito ancora un’altra motivazione: secondo il famoso filosofo infatti il baccello concavo delle fave rappresentava l’accesso al mondo dei morti e i frutti di questa pianta racchiudevano le anime dei defunti. Pitagora era talmente avverso a questa pianta che la sua morte avvenne proprio a causa di un campo di fave; rincorso da soldati provenienti da Crotone, il filosofo aveva come unica via di scampo quella di fuggire attraverso un campo di fave. Come finì? Che preferì farsi catturare piuttosto che passare all’interno del campo!
Questa credenza resistette molto anche nella società romana, tanto che anche Plinio, il famoso storico, diceva che mangiare le fave dava vita a degli incubi in cui gli dèi comunicavano cattivi presagi. Sapete perché succedeva tutto questo? Perché se magnavano le fave co’ tutto er baccello! Altri elementi che ci fanno capire quanto questo frutto fosse avverso in un primo momento sono alcune regole che dovevano rispettare il sacerdote di Giove e il Pontefice Massimo: il primo non poteva né toccare né mangiare le fave, il secondo invece non poteva nemmeno nominarle! Da un certo momento in poi però le fave cambiarono totalmente simbologia e da simbolo di morte cominciarono a rappresentare la vita e la fertilità. Il frutto infatti cominciò ad essere visto e percepito come afrodisiaco, anche perché i baccelli aperti assomigliavano molto agli organi genitali femminili, mentre i semi a quelli maschili. Proprio in virtù di questa unione rappresentativa e al loro periodo di nascita, le fave cominciarono ad essere associate alle divinità della fertilità e della rinascita della primavera, tra cui Flora. A maggio dunque, mese che prende il nome dalla divinità Maia, si era soliti festeggiare con pranzi a base di fave e si cominciò a pensare che questo frutto rappresentasse la vita piuttosto che la morte. Così in alcune feste romane, i baccelli di fava venivano lanciati per simboleggiare fertilità e rinascita.
Andando avanti nel tempo, le fave sono diventate un frutto molto utilizzato nella dieta delle classi meno abbienti, essendo inoltre anche molto nutrienti, per il loro alto contenuto di fibre e proteine. Dalla zuppa di fave a uno dei matrimoni più riusciti, che si può considerare l’antenato dello snack perfetto: le fave con il pecorino. Questa accoppiata infatti metteva insieme un formaggio che addirittura nell’antica Roma veniva utilizzato per pagare i soldati con uno dei frutti della terra più poveri. Ma si sa, dalle cose più semplici vengono fuori le cose più belle. L’ultima credenza relativa alle fave è quella relativa al numero di semi trovati dentro al baccello: se ce ne sono 7 invece che 6 si dice che si andrà incontro a un periodo molto fortunato! E a te è mai capitato?
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