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Parallelepipedo al centro dell’EUR, il cosiddetto “Palazzo groviera” è un altro dei palazzi strani di Roma, stavolta sia per forma che per storia…

Completamente in cemento armato e marmo di travertino, la storia del Palazzo della Civiltà Italiana è legata indissolubilmente a quella del luogo romano in cui sorge. In occasione dell’Esposizione universale del 1942, infatti, si decise di sviluppare e urbanizzare l’asse viario che portava al mare: così nacque il quartiere EUR e, insieme, ad esso la razionalità dei suoi monumenti.
I lavori iniziarono, in particolare, intorno al 1936, ma solo nel 1938 cominciò a prendere forma il parallelepipedo a tutti noto, per la presenza dei 54 archi (9 in linea e 6 in colonna), col soprannome di Colosseo quadrato. Un edificio monumentale che, all’epoca voluto da Mussolini, ne riporta ancor oggi una citazione, nella scritta: «un popolo di poeti di artisti di eroi/di santi pensatori di scienziati/di navigatori di trasmigratori».

E di virtù e di carattere, del popolo italiano, parlano anche le ventotto statue al pian terreno, ciascuna allegoria di qualcos’altro: eroismo, artigianato, musica, filosofia, industria, agricoltura, lavoro, ordine sociale, matematica, stampa, archeologia, storia, astronomia e via dicendo.
Insomma, nei suoi sessanta metri d’altezza questo palazzo, come dice il nome originale, doveva rappresentare la potenza e il genio del popolo italiano, ma anche il suo coraggio e la sua unicità. Peccato che i lavori si interruppero nel 1943 e il Colosseo quadrato si trasformò dapprima in accampamento per le truppe tedesche, infine nel dopoguerra come rifugio di sfollati. Pensate che il 9 settembre dello stesso anno, dopo l’Armistizio, fu persino protagonista di una battaglia: quella fra i paracadutisti tedeschi e i soldati italiani, a difesa del centro della città. Bisognerà attendere il 1951 per veder riprendere di nuovo i lavori e il 1953 per la messa a punto del Palazzo, in occasione dell’Esposizione Internazionale dell’Agricoltura.

Nel tempo, poi, il Palazzo assunse anche il nome di Palazzo groviera, proprio per via dei “buchi” nelle sue facciate.
Infine, fu centro di una delle più estese opere d’arte di calligrafia mai realizzate in suolo italiano. Nel 2017, l’artista russo Pokras Lampas dipinse sul tetto dell’edificio numerose parole, in giallo su sfondo nero, che iniziavano per “F”. Si trattava di una campagna pubblicitaria per il brand di alta moda Fendi. Il noto marchio italiano, infatti, dal luglio 2013 ha in concessione l’intero Palazzo, con contratto d’affitto fino al 2028. E, tuttavia, nel rispetto del monumento e della sua prima destinazione a polo museale, il gruppo ha fatto realizzare al piano terra un’esposizione permanente aperta al pubblico per celebrare l’artigianalità italiana.

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