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Da centrale elettrica a museo? A Roma tutto è possibile!

foto di: Immagini prese dal web

È il secondo polo espositivo dei Musei Capitolini e uno straordinario esempio di riconversione, in sede museale, di un edificio di archeologia industriale. Cosa è possibile visitare alla Centrale Montemartini?

Roma, la città degli incontri

A Roma l’arte antica incontra la modernità e il punto è che non lo fa soltanto nei musei, o meglio non solo in quegli edifici che, dall’origine ed intenzionalmente, sono costruiti per essere musei. Basti pensare al Colosseo, inserito in un contesto urbanistico totalmente diverso da quello in cui fu eretto, o ai Fori Imperiali. Ecco, questa suggestiva storia non fa che rendere ancora più evidente, e ancora più armonico, il parallelismo.


(Fonte: Rome Central Magazine)

La storia della prima centrale termoelettrica pubblica di Roma

È il 30 giugno 1912 quando, con l’inaugurazione della prima centrale elettrica pubblica della città, per la prima volta, le strade di Roma si accendono. Merito dell’intuito di Giovanni Montemartini, assessore della giunta comunale Nathan. È lui a teorizzare la necessità di municipalizzare le aziende fornitrici di servizi d’interesse pubblico. E cosa, più della produzione elettrica, può far parte di quel piano tanto studiato?


(Fonte: Centrale Montemartini)

L’impianto termoelettrico della Centrale Montemartini, chiamata così in suo onore, non solo fornisce elettricità a tutto il territorio capitolino, ma segna l’inizio di un veloce processo d’industrializzazione che, di lì a breve, avrebbe investito buona parte del settore economico della città. In questo, non è un caso neanche la scelta del luogo. Situata appena fuori le mura, e il rione Testaccio, solo quell’area, piuttosto vicina al Tevere alla ferrovia e all’asse viario di Ostiense, può rappresentare, per l’amministrazione, la zona ideale di un comprensorio industriale ospitando, per altro già da qualche anno, i mercati generali, un officina del gas (poi smantellata per gli scavi del Circo Massimo), numerose aziende manifatturiere e laboratori artigianali.

Il recupero della Centrale Montemartini

La Centrale Montemartini, insomma, si fece promotrice di un cambiamento talmente importante da poter essere paragonato, oggi, al pari dell’avvento dei nostri smartphone! Eppure, neanche questo bastò a renderla immune allo smantellamento. Una chiusura a cui, dal 1963, seguirono più di vent’anni di decadenza degli immobili ormai in disuso. Un patrimonio, di tecniche e di strumentazioni d’epoca, che probabilmente avremmo perso, se l’Azienda Comunale Energia e Ambiente non fosse intervenuta.


(Fonte: Centrale Montemartini)

Il progetto, proposto e portato a termine da ACEA, fu tutt’altro che semplice. La società restaurò l’intero corpo centrale dell’impianto, comprese la sala macchine e la sala centrale. Rimise a nuovo ogni cosa. Non solo fece tornare all’antico splendore la struttura architettonica dell’impianto, ma ricollocò al suo interno i suoi più suggestivi macchinari, come una turbina a vapore, datata 1917, e alcuni grandi motori diesel. Lo spazio, così recuperato, di nuovo agibile e riutilizzabile, si rese protagonista di uno dei maggiori episodi di archeologia industriale romana.

La conversione imprevista da centrale a museo

E, tuttavia, la storia della Centrale non si concluse lì. Nel 1995, infatti, a seguito della chiusura al pubblico di diversi settori del palazzo dei Conservatori, dei Musei capitolini, a causa di qualche lavoro di ristrutturazione, molte delle sculture vennero trasferite dal Campidoglio all’ex Centrale Montemartini – ‘na sistemazione temporanea, dicevano all’inizio -. Tuttavia, sebbene le opere sarebbero dovute restare lì per un breve periodo, nel 2005 (anno di conclusione dei lavori) il luogo si trasformò in una vera e propria sede museale permanente, divenendo presto uno dei più riusciti esempi di integrazione fra ambiti diametralmente opposti: quello dell’archeologia e quello dell’archeologia industriale; quello dell’arte e quello della tecnica.


(Fonte: vedilarte)

L’unione di due modi di intendere e di comprendere il mondo tanto diversi quanto potenti, nell’accostamento coraggioso. In altre parole, un gioco di contrasti ardito, fra opere classiche e macchinari industriali, di cui ancor oggi si può ammirare la bellezza, passando dai reperti d’età repubblicana, o imperiale, alle tecnologie della prima era moderna, secondo un intreccio suggestivo da togliere il fiato.

Per visitarla, non al momento perché chiusa per lavori di adeguamento all’impianto di condizionamento, vi basterà recarvi in via Ostiense 106.