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Ok non è proprio a mezz’ora da Roma, ma quanti di voi hanno mai visitato il meraviglioso paesello Isola del Liri? A circa un’ora dalla capitale, questo luogo magico, immerso nella natura (…e nella carta!) vi ripagherà del viaggietto, ne siamo sicuri
Quando si arriva ad Isola del Liri, borgo antico in provincia di Frosinone, non si può fare a meno di avvertire un rumore piuttosto familiare, rilassante, estivo quasi. Sembrerebbe il suono delle onde che si rincorrono, s’infrangono e si attorcigliano nel mare, eppure le spiagge più vicine sono ad ancora un’ora da questo piccolo paesello.
Ecco, la storia di Isola del Liri potrebbe cominciare esattamente lì: dalle note naturali di quella melodia, il flusso incessante delle acque. Non solo perché questo paese prese il nome dal fiume Liri, ma perché fu proprio il fiume a decretarne l’intera architettura, da quella interna a quella esterna. Dipinta in tantissimi quadri e descritta da poeti e letterati, Isola del Liri è una delle poche città al mondo ad essere attraversata a metà, nel centro storico, da una cascata, anzi due (contando la Cascata del Valcatoio). È lo stesso Liri, che le gravita tutt’intorno, abbraciandola dolcemente, a formarne le spettacolari cadute d’acqua: un’immagine in grado di togliere il fiato, a chiunque passi di lì.

Il centro storico cittadino si sviluppa così su una vera e propria isola, formata dal fiume Liri. Lo stesso che, precisamente all’altezza del castello Boncompagni – Viscogliosi, dividendosi in due bracci, forma due salti di circa trenta metri: la Cascata Grande (27 metri circa) e la Cascata del Valcatoio (o, anticamente, del Gualcatojo).
E tuttavia, a fare di Isola del Liri uno dei borghi più affascinanti dei dintorni romani è anche la sua antica tradizione cartaria.

Tra il XIV e il XV secolo, infatti, alcuni cartai marchigiani emigrarono in questa cittadina della Ciociaria, con l’intento di realizzare in questo territorio la prima cartiera, uno stabilimento industriale, cioè, adibito alla fabbricazione della carta. La prima fabbrica operativa vide la luce nel 1583, restando attiva fino alla fine del Settecento, quando i Boncompagni, proprietari del feudo, cedettero la zona alla camera regia napoletana.
Fu così che nel 1822 la cartiera passò definitivamente nelle mani di Carlo Lefebvre. L’ industriale francese che ne modernizzò la struttura, introducendo l’utilizzo di sofisticati macchinari. Come le vasche olandesi, contenitori nei quali stracci di tessuto o scarti di vicini lanifici venivano sfilacciati e poi re-impastati, per dar vita alla carta. Queste erano, d’altra parte, le materie prime dell’epoca. Pensate che la carta di Lefebvre era talmente rinomata da giungere sino a Londra, per essere impiegata nella stampa dei più celebri rotocalchi della città.

E tuttavia la fortuna, per Lefebvre, non girò sempre per lo stesso verso e, sul finire dell’800, questa incredibile fabbrica, fiore all’occhiello di Isola del Liri, fu costretta ad essere venduta. Di mano in mano, nel corso del tempo, lo stabilimento scomparse addirittura dalla memoria del paesello, tanto era nascosto dalla natura, che ampliandosi l’aveva sommerso.
Solo negli anni ’90 la fabbrica Lefebvre fu riportata all’antico splendore. Oggi nelle vesti di un Museo della Carta, la circostanza della sua riscoperta fu davvero simpatica. Pare, infatti, furono due operai dell’Anas a ritrovarla, ben occultata e protetta in mezzo a tanti alberi d’alto fusto.

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