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È nascosta dentro il parco di Villa Torlonia, ma chi riesce a scovarla resta sempre particolarmente stupito. La Casina delle Civette sembra uscita direttamente dalle pagine di una fiaba dei fratelli Grimm. Chi l’ha costruita e perché?
Sembra una frase fatta, stucchevole per certi versi, ma non si smetterà mai di conoscere Roma. Questa è la sua forza, la sua eternità direbbe qualcuno (e non a torto). Perciò non annoia mai e, quando comincia a farlo, eccola tirare fuori un’altra gemma preziosa. Ché, alla fine, è un po’ come diceva Sordi: «Roma non è una città come le altre. È un grande museo, un salotto da attraversare in punta di piedi». Oggi allora vogliamo portarvi nel meraviglioso parco di Villa Torlonia, lungo una delle arterie principali della capitale, Via Nomentana, al civico 70. Immaginate di entrarci ora, e di salire gli scalini, ma anzi che scegliere la destra, percorrere il piccolo sentiero di sinistra. Davanti a voi troverete una piccola abitazione, anzi una casina, per essere esatti. Vi sembrerà uscita direttamente da un libro di fiabe: il tetto spiovente, le tegole in cotto smaltato, le vetrate decorate. Somiglia vagamente alle architetture dei villini del quartiere Coppedè, ma quello che vedete di fronte a voi è l’incantevole Casina delle Civette. Un luogo magico, di primo acchito, anche se in questa magnifica residenza non abitavano né fate, né maghi.
(Fonte: Romolo e Remo)
Eccentrica dimora del principe Torlonia fino al 1938, anno della sua morte, questo spettacolare edificio, databile intorno alla prima metà de l’800, è il risultato di una serie di trasformazioni, aggiunte e modifiche. Tutto ebbe inizio ad opera di Giuseppe Jappelli. Lui ideò la prima struttura, nel 1840. La richiesta da parte di Alessandro Torlonia, proprietario della residenza ufficiale, era chiara: nell’aspetto doveva somigliare ad una Capanna Svizzera. Per questo, fu progettata come una struttura rustica, simile ad un rifugio alpino e, per il rivestimento esterno, si scelse di utilizzare il bugnato in tufo. La sua storia però non si concluse qui, tanto che, se ammirata attualmente, tutto pare fuorché uno chalet di montagna. Nel 1908, ereditata dal nipote di Alessandro, Giovanni Torlonia junior (colui che ne fece la sua casa), infatti, venne commissionato all’architetto Enrico Gennari un nuovo progetto. Stavolta, andava trasformata in una sorta di Villaggio Medievale. Da piccola baita si trasformò, quindi, in una raffinata residenza, con grandi finestre, loggette, porticati, torrette, decorazioni a maioliche e vetrate colorate. Lo stile liberty, che la fa da padrona, poi, fu il tocco finale di Vincenzo Fasolo, nel 1917.
Stesso anno in cui, tra l’altro, fu soprannominata Casina delle Civette, nome che non perderà più, per una motivazione davvero peculiare. Dovete sapere, infatti, che durante una delle ristrutturazioni, il principe Giovanni, amante dell’esoterismo e di quei rapaci notturni, chiese di inserirle ovunque, forse perché nell’antichità legate alla dea della sapienza Atena e considerate, per la loro virtù di saper vedere al buio, alla stregua di saggi alla ricerca della verità. Simboli di conoscenza, le civette furono intagliate nel legno dei mobili e rese protagoniste di ogni decorazione, soprattutto, però, vennero dipinte in bella vista su una vetrata, del 1914. Tutto merito delle sapienti mani di Duilio Cambellotti, allievo nel laboratorio del mastro vetraio Cesare Picchiarini e artista di quel celebre dipinto, che vede due civette stilizzate fra alcuni tralci d’edera.
(Fonte: Musei di Villa Torlonia)
Ancor oggi, la Casina delle Civette rappresenta un unicum, nel panorama artistico del suo genere, nonostante nel tempo la sua sopravvivenza sia stata messa molte volte a dura prova. E non ci riferiamo solo alle continue rivisitazioni suddette. Nel 1944, ad esempio, con l’occupazione del luogo, per oltre tre anni, da parte delle truppe anglo-americane, questa particolare casina fu ridotta in condizioni disastrose. E che dire degli anni successivi? Sebbene il comune di Roma riuscì ad acquistarla, nel 1978, insieme all’intero parco di Villa Torlonia, una volta aperta al pubblico, non ne organizzò la sorveglianza, rendendola preda di furti e atti vandalici. Infine, neanche a fallo apposta, nel 1991, lo scoppio di un incendio la gettò ancora una volta in una situazione critica. E poi al centro di un importante e meticoloso restauro di durata quinquennale. Cosa aspettate ad andarla a visitare? (Certo non proprio ora, ecco)
(Fonte: Turismo Roma)
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