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Ha soggiornato per anni nella capitale, andandosene e tornando più volte; è stato il pupillo di cardinali e papi, con cui andava d’accordo ma spesso litigava, per via del suo carattere turbolento. Michelangelo di cui oggi ricorre il 546° anniversario della nascita, è diventato una vera istituzione romana, tanto da morire proprio qui, nella Città Eterna, nella sua abitazione a Piazza Venezia il 18 febbraio del 1564.

“Certo è un miracolo che un sasso, da principio senza forma nessuna, si sia mai ridotto a quella perfezione, che la natura a fatica suol formar nella carne”.
Questa era la recensione che faceva della Pietà Vaticana Giorgio Vasari, pittore, architetto e primo scrittore di biografie degli artisti di quel tempo, tra cui proprio un racconto di quella di Michelangelo. Questa scultura non ha bisogno certo di presentazioni, Maria, che tiene tra le sue braccia il proprio figlio, Gesù Cristo, appena deposto dalla croce. Un quadro di tenerezza e drammaticità unica. Un’opera del genere si immagina possa essere stata scolpita in età matura e invece quel genio di Michelangelo Buonarroti la scolpì quando aveva appena 23 anni. Sì, proprio così 23 anni.

Rimanendo in tema Vaticano, all’interno dello stato più piccolo del mondo, Michelangelo ha lasciato varie tracce di sé. In primo luogo la volta di un’intera cappella e la sua parete principale sono occupate dalle storie dell’Antico Testamento, in cui figura al centro la celebre creazione dell’uomo e infine il mastodontico dipinto del Giudizio Universale, icona assoluta del Rinascimento. Queste le parole di Goethe quando vide questa cappella:
“Un capolavoro di proporzioni colossali che da solo riesce a fornire un’idea completa di ciò che un uomo è capace di raggiungere”.
Nella Cappella Paolina invece sono presenti altri due dipinti iconici di Michelangelo la Conversione di San Paolo e la Crocifissione di San Pietro, ultimo affresco dipinto dal maestro fiorentino.

Michelangelo non è stato solo pittore e scultore, ma anche architetto nella Basilica di San Pietro ha lasciato la sua firma anche a uno dei simboli di Roma e della romanità Er Cuppolone e infine alla pianta della Basilica, a cui diede la conformazione definitiva dopo decenni di discussione su come doveva essere terminata.

Una delle storie più famose sulle statue di Michelangelo è sicuramente quella relativa al Mosé destinato alla mastodontica tomba di Papa Giulio II. Questa statua che oggi possiamo ammirare all’interno della chiesa di San Pietro in Vincoli, vicino al Colosseo, si dice risultasse talmente tanto perfetta anche agli occhi dello stesso artista, che in un attimo d’ira, Michelangelo scaglio contro il ginocchio della statua il suo martello da scultore, urlando “Perché non parli!”. Pare che l’incisione che oggi appare sul ginocchio destro della statua sia il residuo di quella famosa martellata michelangiolesca.

Nella sua attività di architetto Michelangelo non lavorò solamente all’interno del cantiere della Basilica di San Pietro, ma anzi, diede la sua impronta anche a palazzi e piazze importanti come quella su cui oggi sorgono i palazzi del potere comunale romano: Piazza del Campidoglio. Michelangelo cambiò radicalmente il volto a questa piazza, che era diventata sede del pascolo delle capre dei pastori romani. Invertì il suo orientamento, non più sui Fori Romani, ma verso la Basilica di San Pietro, nuovo centro della città e chiuse la visione sull’antico spazio pubblico cittadino, con il Palazzo Nuovo, posto al centro tra il Palazzo dei Conservatori e Palazzo Senatorio.

L’ultima tra le opere romane di Michelangelo che vi presentiamo in quest’articolo è la gigantesca statua del Cristo Risorto, alta circa due metri, conservata all’interno della Chiesa di Santa Maria Sopra Minerva. Un episodio legato a questo lavoro, vuole che quasi alla fine della prima edizione della statua, sul volto di Cristo apparve una venatura di marmo nera. Michelangelo, perfezionista com’era, non poteva accettarla, ricominciò dunque il suo lavoro da capo, su un altro blocco di marmo che, fortunatamente non gli fece o stesso scherzo!
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